Il Signore ha bussato alla tua finestra / amico, amico, amico, amico / il Signore ha bussato alla tua finestra / ma tu, tu dormivi
Non aspettare che la notte svanisca / non aspettare di finire i tuoi sogni / il Signore ha bussato alla tua finestra / ma tu, tu dormivi
E il suo popolo passando ti chiamava / ma tu dormivi
Un malato ha gridato fino all’aurora / ma tu dormivi
Un poveretto t’ha chiesto due soldi di speranza / ma tu dormivi
Il vicino è passato con l’odio in pugno / tu resti nel tuo cantuccio
Il Signore ha bussato alla tua finestra / amico, amico, amico / e il suo popolo passando ti chiamava / ma tu, tu dormivi
Ma un mattino aprirai la porta / e troverai la speranza morta.
Così cantava negli anni Sessanta dello scorso secolo un frate francese, Aimé Duval, autore di belle canzoni tutt’altro che melliflue, come spesso sono quelle dei menestrelli religiosi. Perché, è inutile negarlo, con una unanimità degna di miglior causa, abbiamo sempre lasciato l’ingiustizia, la disuguaglianza, la povertà nei suoi mille volti, affidate alla Carità. La Carità, la virtù massima secondo san Paolo, è nobilissima, soprattutto per quel significato di gratuità che il suo nome esprime; ma appartiene a un ambito –quello della fede- che è dono non da tutti ricevuto, e in qualche modo riservato alla condivisione della comunità religiosa. Nella società civile, nell’ambito della politica, sono l’analisi economica, sociale, storica, a dover decidere se l’ingiustizia è davvero tale, se la disuguaglianza è un male, se la povertà nei suoi mille volti è una necessità, sia pure più o meno provvisoria. A dover decidere, o almeno a dover dibattere, a fornire gli strumenti per elaborare strategie magari contrapposte, magari foriere di scontri anche duri.
Nella nostra Società Civile, invece, del problema connesso non si parla da decenni, lasciando che se ne diano carico –e fortunatamente se ne danno carico- esponenti del mondo religioso attraverso la carità. Caritas si chiama la principale agenzia di soccorso alla diffusa povertà urbana, e fa capo alla Santa Sede, forma moderna e organizzata –strutturata, si potrebbe dire- delle Associazioni benefiche, delle Opere pie che da un migliaio di anni lo hanno sempre fatto, spesso con discrezione, spesso con totale disinteresse. Più di recente, e per invenzione di economisti e politici di matrice religiosa, si è creato un Terzo Settore che organizza il volontariato –non necessariamente solo religioso- anche verso la direzione dell’Assistenza a coloro che sono variamente svantaggiati.
Ma del problema dei problemi, cioè dei sistemi economici –del sistema economico- dominanti non si dibatte più, non ci si interessa più, non si parla neanche più tanto volentieri: sembra anzi un po’ “antico” tornarci sopra, come un vezzo nostalgico di quando “era tutto ancora intero”.
Il Capitalismo finanziario, sempre più selvaggio e più malato, continua la corsa dissennata e suicida (e omicida) attraversando lo sguardo stupito di coloro che ne sono spettatori e in qualche modo vittime –talvolta inconsapevoli, talvolta perfino convinti che condividendone lo spirito “appartengono” al mondo dei “salvati”-, senza rendersi conto di scivolare sempre più verso un’inesorabile povertà.
Ma di questo non si parla. I Social Network sono traboccanti di inutili dialoghi pieni di livore e rancore verso coloro che non possono certo nascondere la loro condizione di povertà, che vengono a mostrarcela, che addirittura arrivano davanti a casa nostra portandosela avanti, e minacciando la nostra illusione di essere diversi, migliori, immuni. Così lo spettacolo del confronto politico sugli immigrati, prima ancora di essere inutile –ci sono e ci saranno per decenni-, prima ancora di essere impotente nella sua violenza, prima ancora di essere consolatorio e autoconsolatorio, è disarmante per la pervicacia con cui evita di affrontare il problema centrale: perché ci sono tanti disperati che lasciano il poco che hanno nella loro terra –se non altro radici e affetti- per il nulla che li aspetta, nel caso felice che riescano nella loro fuga senza senso, che si affida alla speranza di trovare un senso alla loro vita.
“Prima gli italiani”, “prima i romani”, “prima i ‘nostri’ poveri”. ‘Jus soli’, ‘accoglienza’, ‘rifugiati politici’ e ‘migranti economici’ con le loro diverse prerogative; idiozie sulle condizioni ‘favolose’ della loro vita da rifugiati; panico di massa. Di quei quaranta o più trilioni di euro di “derivati” che continuano a navigarci sopra la testa non interessa a nessuno: abbiamo paura dei ‘neri’ che ci passano accanto più impauriti di noi, e questa paura ci distrae da quell’altra che non capiamo, che non sappiamo neppure immaginare nella sua dimensione, ma che è pur lì, e continua a far arricchire chi sta apparecchiando la nostra miseria.
“E son peuple en passant t’appelait, mais toi tu dormais.
Mais un matin en poussant ta porte tu trouveras l’espèrance morte”.
Luigi Totaro