Per Nino Berti
Dopo una lunga malattia ci ha lasciato Nino Berti, in punta di piedi come era nel suo carattere mite e appartato, un uomo a cui è toccato nella sua vita portare con leggerezza e un sorriso un soprannome etilico – che nella Marciana Marina di allora era un’eredità che toccava a tutti – lui che era astemio.
Ci ha lasciato un socialista vero, fermo nei suoi ideali di giustizia, pace e fratellanza, così convinto che, con l’arrivo di Craxi alla testa del Partito Socialista Italiano, si iscrisse (con grande gioia di noi tutti) al Partito Comunista Italiano che considerava l’erede vero del socialismo di Pertini e Lombardi.
Entrò a far parte quasi subito del Direttivo del PCI marinese, restando il compagno prudente che aveva coscienza dell’ingiustizia del mondo: un mite che sapeva levare la voce per chiedere giustizia.
Per me la sua scomparsa è un grande dolore perché – anche quando militavamo in Partiti diversi - c’era sempre stata una consonanza di ideali, una mia grande considerazione per il suo equilibrio unitario, un affetto pudico e una reciproca stima che emergevano anche dopo, nei rari incontri che abbiamo avuto per caso, per strada, dopo che la nostra comune militanza politica è finita con il suicidio moderato della sinistra italiana.
L’ultima volta che l’ho incontrato, quest’estate in un affollato lungomare marinese, ci siamo scambiati qualche frettolosa parola, abbiamo affrontato con pudore il dramma della sua malattia e Nino è stato come sempre sereno, non fatalista ma convinto di poter ancora lottare strappare ancora un po’ di tempo per una vita che ha evidentemente amato tanto e che ha guardato passare con il suo modo apportato di fare, di un uomo schivo che non nascondeva la sua timidezza ma che era capace di grande ironia, che non ha mai perso la passione e che non ha mai smesso di credere in un mondo più giusto.
E Nino Berti è stato proprio questo: un uomo giusto e intelligente che sapeva che il mondo può essere cambiato anche con la mitezza e la pazienza, che niente ci è regalato e che la giustizia è una conquista quotidiana e l’amarezza è un lusso che non possiamo permetterci. Una faticoso lavoro intellettuale di quelli che una volta si chiamavano militanti di base, faticoso come la sua lunga lotta contro il male che ce l’ha portato via.
Quando sarà il tempo, il 25 Aprile, porterò un fiore rosso dove riposerà. Ciao compagno.
Umberto Mazzantini