C’era una volta la Madonna dei Marinai, un statua in gesso dell’artista Zulimo Rossellini, che, in cerca di pace, in seguito alle atroci delusioni patite nella sua Firenze – dopo decenni di lavoro non gli era stato possibile collocare in Santa Croce il suo monumento funebre a Ugo Foscolo a causa del suo antifascismo – approdò negli anni ’40 al Cavo.
Concetto Marchesi, altro illustre ospite del paese elbano, descrive così l’opera, nell'articolo "La Madonna del Cavo" comparso sull'Osservatore Romano del 20 settembre 1942:
“Quella sua istintiva ricerca di decoro e di eleganza, quella fuga dalla vacuità degli enigmi ornamentali, quel gusto di modellatura limpida e chiara, quel suo tono quasi melodico dei lineamenti e degli atteggiamenti, appariscono in questo ultimo lavoro come in un felicissima ripresa e progressione della sua operosità artistica. La Madonna è ritta in piedi, con il capo velato, ed un manto liscio che l’avvolge tutta lasciando scoperta la veste davanti, che scende a pieghe ripide ed eguali come in certe statue arcaiche. E’ di un immobilità quasi trepida, piena di vita inconoscibile e profonda che spira da un divino mistero, nella purissima giovinezza di quel volto dove l’amore e la pietà, senza le consuete leziosaggini, si compongono in una indissolubile forza di celeste potere. C’è in quella statua qualche cosa che ci prende poco a poco e ci commuove per quell’alito di beatitudine dolorosa e maestosa ch’è proprio della santità cristiana. Così Zulimo Rossellini ha portato dinanzi all’altare la sua arte ignara di mercimonio e di servitù e fra le tante impurità del secolo, per la piccola chiesa avanti al mare, ha plasmato con l’anima assorta e con le mani esperte l’immagine sacra: Mater Purissima”.
Ebbene, conosciamo le avventure/disavventure del manufatto: dopo aver avuto naturale collocazione nella chiesa di San Giuseppe, è finita all’aperto, nel giardino dell’ex orfanatrofio fondato da don Dino Donati. Nei primi anni del Duemila, appariva rovinata e monca; poi la rinascita, grazie alla sensibilità e generosità di persone che ne hanno prima finanziato il restauro e successivamente la fusione in bronzo, per sottrarla allo scempio del tempo, data la sua natura in gesso. Così, l’agosto scorso è stato possibile collocarla sul porto del Cavo, a protezione della gente di mare, nel corso di una cerimonia molto partecitata.
Ma la bella storia non finisce qui, perché, quando si è presa la decisione di farne una statua bronzea, si è deciso anche di fonderne una gemella, identica alla prima, la cui destinazione geografica sarebbe stata identica e “opposta” a quella della Madonna dei Marinai. Infatti, la seconda statua era destinata ad una località montana, Chiesa in Valmalenco, in provincia di Sondrio, dove avrebbe esercitato la medesima nobile funzione di protettrice, questa volta della gente di montagna.
La consacrazione e il collocamento della “Madonna Immacolata della Neve”, come è stata chiamata, si sono svolte lo scorso 8 dicembre, durante una suggestiva funzione ad alta quota, alla presenza del parroco, del sindaco Miriam Longhini e di Franco Vismara, amministratore delegato della funivia al Bernina, che ha finanziato la fusione della seconda statua.
Così, a distanza di centinaia di chilometri, le due Madonne veglieranno sui rispettivi abitanti e ospiti: la prima su quelli dell’Isola d’Elba, perla del Tirreno; la seconda, su quelli della Valmalenco, perla delle Alpi. La storia della scultura di Zulimo Rossellini ha dunque avuto un duplice lieto fine.
L’auspicio è che il ponte spirituale tra le due località italiane possa trasformarsi in un vero gemellaggio amministrativo tra Rio e Chiesa in Valmalenco, che hanno in comune la memoria mineraria e la vocazione turistica. Tale atto potrebbe attivare un circolo virtuoso di scambi culturali ed economici tra i due territori. Magari, ce lo auguriamo, sotto lo sguardo benedicente delle due Madonne.
Maria Gisella Catuogno