“Quando perdiamo il diritto ad essere diversi perdiamo il privilegio di essere liberi”. Chissà se io tuoi coetanei hanno mai letto questa frase Michele, chissà se i loro genitori, i loro insegnanti hanno mai affrontato la “diversità” come una variabile umana portatrice di valore e ricchezza, come una parola vuota che ha significato solo in relazione ad una maggioranza, una maggioranza che non porta in sé alcuna verità assoluta ma si fa forza solo dei sui numeri.
Adesso ascoltami Michele: è un’insegnante, una mamma, una persona proprio come te che ti parla.
Non eri brutto piccolo Michele, non eri brutto per niente.
Se mio figlio ti avesse conosciuto sicuramente ti sarebbe stato amico, perché mio figlio è un ragazzo normale, proprio come te.
Non eri brutto piccolo Michele, non eri brutto per niente, ma anche se lo fossi stato, mi figlio ti sarebbe stato amico, perché mio figlio conosce la differenza tra la bellezza esteriore e quella interiore.
Sei stato sfortunato piccolo Michele, tanto sfortunato. Non nella malattia, quella non è prevedibile. Sei stato sfortunato ad incontrare nel tuo cammino dei coetanei spregevoli, figli di una generazione arida di sentimenti, priva di punti riferimento solidi, di modelli genitoriali coerenti ed educanti.
Ti chiedo perdono piccolo Michele, a nome di tutti coloro che non ti hanno capito, a nome di tutti coloro che ti hanno offeso prendendosi ogni giorno la parte più bella di te.
Ti chiedo perdono a nome di tutti quei genitori che non investono più nelle relazioni umane con i propri figli, che si pronunciano con l’ausilio delle tastiere, una smart education che continua a mietere vittime subdolamente e silenziosamente.
Infine sì Michele, ti chiedo perdono anche a nome degli insegnanti, perché seppur le richieste nei nostri confronti siano diventate davvero eccessive, non possiamo non sentirci responsabili, perché se qualcosa è andato storto, la scuola aveva il dovere di proteggerti, di rafforzarti...e di punire.
Linda Del Bono
Insegnante sostegno scuola Primaria