La nostra grotta di Greccio è qui, a due passi dalla nostra classe. Abbiamo costruito il nostro presepe come Francesco D'Assisi aveva fatto nel lontanissimo 1223, su una collina di confine tra l'Umbria e il Lazio. Lui, in quel luogo, aveva scelto di rappresentare la Nascita di Gesù attraverso gesti e simboli della tradizione cristiana perché il messaggio di pace e speranza arrivasse a tutte le persone, senza nessuna differenza.
Noi lo abbiamo realizzato con le stesse intenzioni e lo abbiamo costruito qui nel giardino della scuola. Ci abbiamo lavorato per giorni scegliendo con cura simboli che appartengono alla nostra cultura isolana e contadina. Abbiamo voluto ricreare il gusto della tradizione del presepe napoletano aggiungendo oggetti e personaggi che fanno parte della vita quotidiana. Poi abbiamo deciso di abbellirlo riciclando materiali che invece di finire nella spazzatura hanno trovato nuova vita nel presepe.
La nostra grotta è di pancali di legno uno incastrato sull'altro. Le palme che ricoprono il tetto le abbiamo portate da casa. I nonni ci hanno prestato vecchi oggetti della loro vita, che appartenevano al lavoro quotidiano: il torchio utilizzato nella vendemmia, il tinello, le damigiane, le brocche. E poi abbiamo una macchina che nessuno di noi conosceva ed è stata una delle scoperte più strane fatte durante la costruzione del nostro presepe. Una macchina con un nome difficilissimo che sembra quello di un dinosauro che spara parole ma che i nostri nonni conoscevano molto bene perché separava gli acini dai raspi, è la dirasparatrice.
Ci siamo divertiti a costruire i personaggi che abitano la nostra grotta: Giuseppe e Maria hanno abiti fatti di tende di lino, la coperta del bambino è un sacco di iuta e la culla una vecchia mangiatoia di legno. Il nostro angelo ha le ali di polisterolo imbottite con vecchi cuscini in testa i capelli di un mocio vileda. Le nostre pecore il muso di polistirolo, una coperta bianca e pelosa come manto e l'anima di ferro come l'asino e il bue nella grotta. La contadina che prende l'acqua nel pozzo ha il corpo di un materasso, i capelli di paglia e una federa in testa come copricapo.
Si, ci siamo divertiti a fare il nostro presepe e ora, l'ultimo gesto che faremo è quello di mettere dentro il nostro recinto – si, perché questo è il significato della parole latina praesepe – un ponte. Ci abbiamo pensato e abbiamo deciso che è quello che manca. Un ponte per unire le nostre diversità, per incontraci in una grotta dove si respira pace e speranza. Un ponte che colleghi modi diversi di abitare questo mondo che così possono incontrarsi e costruire insieme. Questo è successo nella nostra classe dove bambini cattolici e bambini musulmani canteranno insieme le stesse canzoni tenendosi per mano.
In verità, tutto questo lavoro non l'abbiamo fatto da soli. Ernesto è il babbo di Domenico ed ha le mani d'oro. Come Giuseppe del presepe fa il falegname e il tempo che ci ha regalato è stato fondamentale per portare fino in fondo il nostro progetto. Che dire del maestro Daniele e della maestra Tiziana? Il primo è stato instancabile. Sua l'idea di realizzare questo piccolo nostro capolavoro al quale ha dedicato tempo e fatiche ben oltre l'orario scolastico ma che si è divertito come noi, anzi forse un po' di più. Ha lavorato sotto la supervisione attenta della maestra Tiziana più incline a fare il direttore dei lavori e accurata arredatrice degli interni della grotta e dei costumi dei personaggi. Che risate!
Le ore passate insieme in questo cortile a pitturare teli, costruire anime con la rete di ferro, studiare la collocazione dei pancali e quella dei personaggi, i nostri grembiuli sporchi di vernice, vestirci con i sacchetti della spazzatura per cercare di non sporcarci troppo, le nostre facce e tutti i nostri sorrisi rimarranno sempre nella nostro memoria come una fotografia dei momenti più belli.
Gli alunni della classe 3B di Casa del Duca