C’eravamo anche noi fra le migliaia di persone che affollavano piazza San Pietro sabato 14 settembre per l’udienza generale di Papa Francesco con il personale dell’Ammistrazione penitenziaria e della giustizia minorile e di comunità.
Oltre alla Polizia Penitenziaria, agli Operatori dell’Area Trattamentale, ai Cappellani e ai tanti che lavorano nei luoghi di reclusione, molto numerosi anche i Volontari dei centonovantuno carceri italiani.
Si respira un’aria che sa di solidarietà, di impegno e anche di serenità e di fiducia. Siamo in attesa dell’arrivo del Papa, delle sue parole. Dopo le 10 iniziano le preghiere, le letture, le testimonianze, le esibizioni musicali della banda del Corpo degli Agenti del carcere di Opera.
Fra le numerose testimonianze, quelle dei Direttori, dei Commissari, degli Ispettori della Polizia Penitenziaria. Per i cappellani, don Raffaele Grimaldi, Ispettore Generale dei cappellani nelle carceri italiane, sottolinea il particolare impegno di servizio della Chiesa, che si fa compagna di viaggio di una grande famiglia sofferente, che vive la solitudine tra le mura di un carcere.
Il messaggio che queste testimonianze hanno trasmesso, pur con sottolineature diverse e come frutto di personali esperienze, si può in sintesi riassumere in alcune espressioni concordemente ripetute: coniugare sicurezza e umanità, provare sentimenti di compassione e insieme di rispetto per la dignità della persona detenuta, alla quale si deve garantire la speranza.
Quale speranza? Quella di un riscatto, di una riabilitazione, di una vita nuova.
E come? Facendoci compagni, fratelli e sorelle, custodi e curatori di ogni uomo o donna e costruttori di futuro. Siano questi luoghi per tutti una grande sfida di solidarietà e di civiltà.
Un agente della Polizia Penitenziaria si racconta e dice del suo sentirsi umanamente coinvolto dalla sofferenza di un detenuto, dall’incrocio del suo sguardo con quello di lui, ma anche frenato dalla consapevolezza che il proprio dovere professionale gli richiede un certo distacco.
E c’è chi racconta il silenzio della tarda sera e poi della lunga notte, quando le attività tacciono, le celle sono chiuse e la solitudine è tanta. E c’è il grido disperato di chi non ce la fa più e c’è chi si procura lesioni, chi tenta il suicidio… la notte sembra non finire mai.
Qualcuno ricorda il dramma degli Istituti per i minori, così inadeguati, da far gridare “vergogna”!
Infine parla a nome di tutti noi un volontario che da venti anni opera nel carcere di Rebibbia, e sottolinea l’importanza fondamentale dell’ascolto, ma anche come oggi sempre più si richiedano al volontariato aiuti materiali.
Finalmente, alle 12, accolto dall’applauso della folla, arriva il Papa. Noi volontarie elbane siamo tre, e con noi, in rappresentanza della Diocesi, ci sono due amiche di Follonica, attive nel carcere di Massa Marittima. Sono presenti anche, con i loro familiari, alcune educatrici che operano nella Casa di reclusione di Porto Azzurro.
Ci sentiamo parte di un grande pacifico esercito e cerchiamo incoraggiamento dalle parole del Papa. Ed eccole le sue parole, che non ci deludono e che sono nutrimento per il nostro impegno. Papa Francesco dice grazie agli operatori penitenziari, stimola i detenuti ad avere coraggio e a noi volontari rivolge una calorosa esortazione: di andare avanti, avanti, con la saggezza di sapere ascoltare, con la parola e con il sorriso, per infondere speranza, sempre, perché sempre c’è un futuro di speranza. Per questo, egli dice, l’ergastolo non è e non può essere la soluzione dei problemi, perché tarpa le ali alla speranza, negando la possibilità di un completo recupero e della riabilitazione di chi pure ha sbagliato. Perché, aggiunge Papa Francesco, le carceri devono essere luoghi di recupero e non le polveriere di rabbia che diventano se mancano alcune fondamentali condizioni umane.
Da qui la denuncia della piaga del sovraffollamento delle carceri. A questo proposito, tra parentesi, è opportuno ricordare che l’ultima relazione annuale del Garante nazionale dei detenuti evidenzia che, al presente, nei nostri istituti di pena ci sono 13608 detenuti in più rispetto alla capienza prevista.
Di questo e di altri argomenti ha fatto cenno nel suo interessante complesso intervento il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Francesco Basentini, il promotore dell’udienza, che ha rivolto al Papa il suo saluto e il suo sentito ringraziamento.
Infine, Papa Francesco scende dal palco e passa benedicente: Egli è il buon pastore, che non vuole perdere nessuna pecora del suo gregge e prega e esorta perché nessuno venga scartato, emarginato, abbandonato nella solitudine e nell’indifferenza.
Molte cose sono state dette e molti temi sono stati toccati, ad esempio quello delle madri detenute con i loro bambini, ma il mio vuole e può essere soltanto un modesto sintetico contributo teso alla condivisione di un’esperienza bella e importante con chi, sensibile alla questione carceraria, auspica la realizzazione di un autentico percorso che sappia coniugare giustizia e senso di umanità, senza mai offuscare la luce della speranza e della redenzione.
Insieme vogliamo e possiamo essere tessitori di giustizia e messaggeri di pace.
Licia Baldi, presidente Associazione Dialogo
Non si può cancellare la speranza del futuro
Il pretesto di accompagnare la presidente dell’Associazione Dialogo, Licia Baldi, e la sua collaboratrice, Maria Antonietta Brucciani, si è rivelato per me l’occasione di vivere una di quelle giornate che lasciano un segno indelebile nel cammino della vita, entrando nel libro dei ricordi più cari.
La mattinata è iniziata intorno alle 10 con la preghiera di don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, rivolta a tutti noi che abbiamo preso parte a quello che egli ha definito <<un raduno di comunione, per vivere ancora di più il nostro senso di appartenenza alla grande famiglia che lavora per fasciare le ferite di molti uomini e donne privati della loro libertà personale>>, a seguire una serie di toccanti testimonianze, intervallate da gradevoli momenti musicali proposti della Banda del Corpo e dei Blue Voice, il coro composto da agenti della Penitenziaria.
Intorno alle ore 12, la <<Papa mobile>> fa il suo ingresso nella piazza, passando più volte intorno alle persone, che esultanti si sporgevano dalle transenne sperando in un saluto o una stretta di mano, mentre Papa Francesco, compartecipando vistosamente alla gioia generale, non risparmiava sorrisi, abbracci, sguardi affettuosi che sembravano raggiungerci tutti, uno ad uno. La folla si è poi ricomposta rapidamente vedendolo salire sul palco papale, mentre dal microfono risuonavano le parole riconoscenti del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Francesco Basentini. In risposta il Sommo Pontefice ha esordito con il suo incisivo <<buongiorno>> e un rinnovato giubilo si è subito propagato in tutta la piazza, a seguire un <<grazie>> agli operatori penitenziari, alle persone detenute e alla comunità della Penitenziaria. <<L’ergastolo>> ha detto <<non è la soluzione dei problemi, ma un problema da risolvere. Perché se si chiude in cella la speranza, non c’è futuro per la società. Mai privare del diritto di ricominciare!>>. Rivolgendosi ai detenuti il Pontefice ha indicato la parola <<coraggio>>, per non lasciarsi <<mai imprigionare nella cella buia di un cuore senza speranza, non cedete alla rassegnazione. Dio è più grande di ogni problema e vi attende per amarvi. Dal coraggio umile di chi non mente a se stesso, rinasce la pace, fiorisce di nuovo la fiducia di essere amati e la forza per andare avanti>>.
La terza parola che il Papa ci ha consegnato è <<avanti>>, senza incertezze, senza titubanze, affinchè <<possano essere garantite prospettive di riconciliazione e di reinserimento. Mentre si rimedia agli sbagli del passato, non si può cancellare la speranza nel futuro>>. Così ha concluso il Santo Padre. Mentre la folla ordinata liberava pian piano Piazza San Pietro, ci siamo soffermati ancora qualche istante, i nostri cuori palpitanti a stento contenevano l’emozione di quell’incontro, di essere stati lì presenti a raccogliere quel messaggio di pace e di speranza, racchiuso nelle tre parole chiave grazie avanti coraggio, e intanto i nostri occhi continuavano a seguire la figura del Pontefice che, prima di ritirarsi, con amorevole attenzione salutava i disabili e i malati allineati sul fianco del palco papale.
Claudia Falanca (da Toscana Oggi)