A differenza della sposa proverbiale la Pasqua bagnata non è affatto fortunata, e, sperando di essere smentiti, se il periodo pasquale è comunque un indicatore (calcolate le variabili riconducibili alla “altezza calendariale” della ricorrenza) della stagione turistica, quella del 2013 si profila piuttosto negativamente.
Scarsa la fiducia degli operatori dell’ospitalità: sono solo una settantina gli esercizi fruibili su 180, e chi ha aperto riuscirà forse ad usare mediamente la metà delle potenzialità aziendali. Come dire che la parte più “nobile” del turismo, quella a maggior valore aggiunto per questa parte ha un motore che lavora ad un quinto dei giri e della potenza che potrebbe sviluppare ed in rapporto sono calati anche i flussi pasquali di visitatori che optano per soluzioni diverse dall’albergo.
E c’è da aggiungere ai disincentivi costituiti dalla crisi economica che morde e che induce a rinunciare alle vacanze (o quantomeno a scegliere località per raggiungere le quali non occorra essere “supersucchiati” dall’avidità dei traghettatori) , quello dettato da un meteo che definire inclemente è riduttivo, visto che la Protezione Civile ha diramato per il fine settimana addirittura uno stato di allerta (sia pure di livello non elevato), con il brutto tempo che forse ci grazierà solo a Pasquetta. Le navi zeppe e le corse straordinarie di altre stagioni sono uno sbiadito ricordo.
I segni della crisi di un modello turistico ci sono tutti, l’economia di quest’isola deve essere ripensata, occorrono nuovi soggetti decisionali e promozionali, occorrono nuove idee, occorre, per non finire ai margini estremi di un mercato che ci ha già molto penalizzato, una vera politica di gestione della complessiva risorsa Elba. Questa è la pseudo-sorpresa che troviamo in un uovo di cioccolato amarissimo.