Qualche giorno fa mi sono vista recapitare a casa tramite mia figlia, attualmente in V elementare, una lettera dell’Istituto comprensivo “Giovanni Pascoli”, indirizzata tra gli altri ai genitori della classe terminale della scuola primaria, in cui si chiede il loro parere circa la proposta di adottare per le future classi della scuola media la settimana corta.
Devo fare una premessa: sono un’insegnante e non mi improvviso in giudizi frettolosi, conosco il mondo della scuola e chi si muove al suo interno.
Detto questo, la mia reazione è stata di immediato stupore: come si può pensare che dei ragazzini di 11, 12 o 13 anni possano produttivamente trascorrere 6 ore consecutive a scuola dalle 8 alle 14 tutti i giorni della settimana dal lunedì al venerdì? Ovviamente ho barrato la casella in cui mi dichiaravo contraria, convinta che la stragrande maggioranza dei genitori si sarebbero resi conto come me dell’assurdità della proposta. Ma così non è stato: da mia figlia ho saputo che nella sua classe soltanto io ed un’altra mamma abbiamo dichiarato la nostra bocciatura nei confronti dell’ipotesi settimana corta.
Sono consapevole del fatto che queste mie considerazioni lasceranno il tempo che trovano, perché in democrazia la maggioranza, si sa, ha sempre ragione, anche quando decide per cose senza senso; oppure solleveranno un vespaio di polemiche da parte di chi, inalberandosi, cercherà di cavillare disquisendo sul sesso degli angeli, tanto per confondere le idee; ma, da illusa quale sono, voglio comunque provare a dire la mia, nella speranza che qualcuno magari mi possa ascoltare e possa condividere la mia opinione.
A mio modestissimo parere, una scuola che delega ai genitori una questione di natura prettamente didattica quale è quella dell’organizzazione dell’orario scolastico è una scuola che ha smarrito la sua vocazione e la sua professionalità. Mi spiego meglio: non sono forse gli insegnanti che devono preoccuparsi di fare in modo che gli alunni possano apprendere nel migliore dei modi e che devono individuare le strategie didattiche utili a garantire tale apprendimento? Perché si chiede il parere di chi, come i genitori, di fatto non è e non può essere competente in materia? Questo per me è il primo vizio della proposta, che non è altro che un’ammissione da parte della scuola della sfiducia nel proprio ruolo educativo. Qualunque insegnante dotato di un minimo di buon senso e di realismo sa perfettamente che dalle 13 alle 14 la capacità di concentrazione ed il rendimento degli alunni sono pressoché nulli (si fa già fatica alla 5° ora!!!); e, se lo sono per gli alunni che non hanno particolari problemi, figuriamoci quali potranno essere per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento! Evidentemente si sta ragionando esclusivamente in termini di quantità e non di qualità: dato che si devono fare 30 ore settimanali, basta farne 6 al giorno ed i conti tornano perfettamente! Che poi siano ore buttate via, che i nostri figli possano o meno imparare qualcosa, che la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento inevitabilmente sia destinata a scadere, questo non importa a nessuno. E’ più importante avere a casa i figli il sabato mattina, piuttosto che imparino qualcosa a scuola. Eh già, perché ci sono dei meravigliosi week end da godersi in famiglia, dato che tutti ci possiamo permettere ogni settimana di prendere e partire per le mete più affascinanti! La famiglia però durante la settimana non esiste, dato che a tavola si andrà a turno per finire verso le 15, come se poi tutte le famiglie avessero la possibilità di aspettare i tempi imposti dalla scuola e non dovessero far fronte ad altre esigenze, magari anche lavorative! Mi chiedo: quando dovrò essere a lavoro alle 14.30, chi preparerà il pranzo per mia figlia?
Ma –qualcuno potrebbe obiettare- questo è un problema mio e sicuramente è un problema secondario. Vogliamo allora parlare degli alunni dell’indirizzo musicale? Per loro sono previste 3 ore in più di lezione, da svolgersi nel pomeriggio. Cosa faranno il martedì pomeriggio? Usciranno alle 14 per rientrare alle 14.30? E magari poi, una volta a casa, faranno anche un po’ di compiti per il giorno dopo! Ma ci rendiamo conto dello stress al quale li vogliamo sottoporre? In nome di cosa poi?
Certo, in questo modo gli insegnanti potranno godere tutti del tanto desiderato sabato libero, sogno proibito per molti docenti, in particolar modo per gli ultimi arrivati. Bene, da insegnante mi ribello a questa ulteriore umiliazione che è insita in una scelta che antepone il proprio personale interesse alla vocazione per l’insegnamento. Mi rifiuto di credere che ai miei colleghi non stia minimamente a cuore la loro missione di educatori e che possano onestamente pensare che la qualità dell’insegnamento non sarà pesantemente inficiata da un siffatto orario scolastico. Perché, se davvero mi sbagliassi, allora prossimamente potremmo anche ipotizzare di completare le 30 ore settimanali in 3 giorni: basta stare a scuola 10 ore al giorno! Sai che pacchia poi per la famiglia godersi i propri figli dal giovedì alla domenica!?! In fondo il problema è trovare il modo di fare queste maledette 30 ore, cosa importa come le si fa?
Valentina Lupi