Forse il primo manoscritto che menziona gli scacchi fu in sanscrito nel 450 d.C., una storia d'amore tra la principessa Drashti che si innamora di Chaturanga. Uno scapestrato e frequentatore delle patrie galere che divenne un abile giocatore di scacchi. Il nobil gioco che grazie al caso o al destino, ma mi piace credere alla bontà di Dio incontrò nelle galere di Goa. Le sue mosse di cavallo, regina, alfiere, re, torre e pedoni parevano una sinfonia, un capolavoro, per concludersi nell'apoteosi dello scacco matto. Chaturanga un genio, alto, ben proporzionato, nato con la benedizione di Dio, dagli occhi neri, dai capelli biondi, amato dalle donne, meno dagli uomini che lo sentivano una minaccia. Drashti, principessa per nascita dei lunghi capelli neri quasi corvini, con occhi verdi in cui ci si smarriva dalla bellezza, non alta ma nemmeno bassa, un corpo perfetto, la carnagione olivastra, una grazia naturale che pareva danzare a ogni suo gesto. Si innamorò di Chaturanga al primo sguardo, stregata dal suo genio, dalla sua follia. Lo aspettava da sempre, era il suo principe azzurro. Una favola per raccontare il genio e la sregolatezza degli scacchi. Per raccontare che nel forte spagnolo dallo scorso agosto, il carcere di Porto Azzurro è iniziato un percorso per portare gli scacchi, il gioco immortale tra le mura secolari del penitenziario. Per educare al rispetto delle regole e dell'avversario, alla riflessione, alla concentrazione e all'autostima. Pensare prima di agire. Vincere o perdere non dipende dalla fortuna o dalla sfortuna, dalle decisioni di altri, ma dalle proprie capacità. Attraverso gli scacchi si impara ad assumersi le proprie responsabilità a non dare la colpa ad altri delle proprie scelte. Negli scacchi le regole sono immutabili, universali e valgono a Porto Azzurro a Pechino a Mosca a Buenos Aires a New York. Tutti possono giocare, non conta il colore della pelle, le proprie origini, il proprio credo, la religione, l'età o la lingua che si parla. In carcere sono un motivo di aggregazione, di socialità e un'alternativa alla solita routine quotidiana, per sognare, per cercare di non pensare ossessivamente alla pena, per gestire la rabbia. Si possono incontrare persone che non sarebbe stato possibile conoscere dato che parlano lingue differenti, hanno culture, abitudini e religioni diverse, dove molti non parlano o parlano male l'italiano. Il carcere è come una babele multiculturale, mutireligiosa. Con gli scacchi e forse grazie agli scacchi si incontrano, si parlano tra loro muovendo i re e le regine, si danno la mano, si guardano negli occhi e diventano amici. Tra gli obiettivi quello di cercare di operare come costruttori di pace, per la socialità, umanizzare la pena, cercare di rendere consapevoli, migliori chi ha sbagliato e sta pagando con la libertà i propri errori. Utopia, illusione, forse. Serve tanto impegno, collaborazione, pazienza. La vita non è facile per nessuno. Immagino che da lassù Drashti e Chaturanga ci guardano e sorridono felici nel vedere che il loro immenso amore continua a splendere sullo scoglio, nel carcere di Porto Azzurro, verso la sofferenza, l'indifferenza, il cinismo, l'egoismo dell'essere umano.
Enzo Sossi