Roberto “il Pitturino” Lupi ha resuscitato da qualche cassetto una foto in bianco e nero che ci ha riportato nitidamente a più di 60 anni fa, con una giovanissima maestra sorridente e quella che non è una prima classe ma già una seconda che ha lasciato già diversi bocciati per la strada e trovato già diversi ripetenti.
E’ una foto di una scuola che non c’è più – diventata anche fisicamente il Comune – e di bimbi diventati uomini e donne, alcuni dimenticati, altri scomparsi.
E’ come tutte le foto, e ancor più le foto rare di allora, un’immagine che ferma il tempo e resuscita ricordi. E ognuno di quelli che l’hanno commentata ha ricordi da bimbi diversi.
E’ lo specchio di un futuro già passato ma che ancora ci aspettava. Ci riporta a un’età dove il tempo è giovane come una foglia primaverile di ippocastano, e a quei bimbi con fiocco e grembiule – non tutti – saremmo sembrati vecchi e decrepiti. Strani uomini e donne vestiti come loro non avrebbero mai immaginato nel futuro e con in mano e in casa strane cose che noi non ci saremmo mai immaginate quando ci immaginavamo il futuro.
Il tempo è lì. Lì è l’inizio che non ricordiamo: 5 anni prima che l’uomo calpestasse la luna e l’anno che Kennedy venne ucciso.
Accanto alla maestra ci sono le bimbe, tutte in grembiule bianco e fiocco d’ordinanza.
C’è Giuliana che ancora nasconde nella sua calma timidezza la bella ragazza che sarebbe diventata, c’è Eleonora, la più brava della classe, con la mano affettuosa della maestra sulla spalla quasi a segnare l’investitura della maestra che sarebbe diventata quella bimba. Poi c’è Marisa seria e compresa nella sua bellezza e, forse Alina, timida e taciturna, l’altra Giuliana che sarebbe diventata una parrucchiera bravissima, la bionda e sorridente Stefania e accanto Gabriella, della quale tutti noi eravamo innamorati senza esserne assolutamente ricambiati.
Sotto, fra quelli senza grembiule, qualcuno ha riconosciuto due bimbi tunisini di una famiglia che per poco tempo ebbe un negozio in piazza di sopra, poi c’è Domenico “Ecchero” che – narra la leggenda – il primo giorno di scuola bevve l’inchiostro del calamaio, accanto c’è Beppe il nero, forte e già di poche parole, dietro di lui Piero Sciupalegno che veniva dalle per noi lontanissime Sprizze, accanto a lui Fulvio che se ne andò a Livorno, ritornò e diventò il Bogani, Pietro Sansone che ora vive in Sicilia e ci pensa da lontano, Alberto Allori, che diventerà l’indimenticato vincitore di Marcianelle e di una StraMiliano e, serio e meditabondo, Franco Pisani con cui ho passato pomeriggi di gioco e noia.
Sotto ci sono i due gemelli Puppo – due angioletti capitati tra una masnada di teppisti - che già in quella foto mostrano quale sarà il loro destino: pensieroso e che guarda in tralice qualcosa in alto che gli altri non vedono Luciano, perso in un sorriso serafico Walter, che forse già vedeva nell’aria e per terra le sue cellule da dipingere.
Accanto, il più piccolo di tutti, con un taglio di capelli barbaro – l’unico a mostrare la fessura di un dente cascato - io, con gli occhi "strinti" che già avvisavano di problemi alla vista che avrei capito solo 20 anni dopo. Già allora cercavo di mettere a fuoco il mondo che vedevo un po’ annebbiato.
Chiude la fila Roberto Pitturino, con un sorriso da Stanlio che sparì gradualmente dalla sua faccia mentre gli crescevano i muscoli e diventava un uomo.
E poi c’è lui, in alto, a rompere quasi un’armonia pianificata, a destra della maestra e con le spalle al muro, probabilmente in castigo, aspettando una bocciatura che sarebbe arrivata.
E’ Franco Galletti che un paio di anni dopo avrebbe picchiato una maestra e sarebbe sparito per un anno non si sa dove.
Il mio amico è lì, già più grande di noi nonostante avessimo la stessa età, già più forte di tutti noi.
E’ lì, misterioso e solo in una foto di gruppo. Ci guarda dritto negli occhi dal nostro passato che per lui è diventato un futuro troppo breve.
E’ l’indimenticabile fantasma della nostra infanzia e della nostra giovinezza che non ha conosciuto vecchiaia.
E’ lì, in disparte ma al centro della foto, come fosse il guardiano dei nostri destini.
Umberto Mazzantini