“Scemi di guerra”, questo è il titolo dell’ultimo parto letterario del Direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio. Un libro molto corposo dove denuncia tutte le falsità, le menzogne di coloro che hanno deciso di aiutare l’Ucraina anche con l’invio di armi.
Per caso ho avuto modo di ascoltare il Direttore del Fatto intervistato da Myrta Merlino a “L’aria che tira”. Secondo lui gli “scemi di guerra” non sarebbero quelli che, per giustificare gli aiuti militari, si inventano ogni giorno “balle megagalattiche”, anzi quelli per lui sono “furbi” perché ci guadagnano, ma quelli che ce le ripetono, come pappagalli, sulla carta stampata e sulle reti tv, tutti i santi giorni. E poi “scemi” sarebbero anche coloro “ che ci credono, che non si ribellano e che non si rendono conto che ci stanno imponendo la guerra”.
Mi ha fatto ricordare Vittorio Sgarbi, protagonista quasi sempre schizofrenico di dibattiti politici, a cui piace qualificare come “capre” o “coglioni” chi ha l’ardire di contraddirlo.
Senz’altro c’è chi ha anche interesse a non far cessare questa guerra. Perché tutto sommato ci guadagna. Stati uniti e Inghilterra? Sono d’accordo. E per questo l’Occidente di balle ne avrà inventate e raccontate. Peccato che di quelle inventate e raccontate in Oriente, dalla propaganda russa, Travaglio non ci dica nulla. Speriamo che abbia in progetto di dare alla stampa un secondo libro per svelarcele. A cominciare dalla super balla lanciata pochi giorni prima che l’esercito russo violasse i confini dell’Ucraina. Non si trattava di una aggressione, fu detto, ma di una “operazione militare speciale”. Una sorta di nuova “crociata”.
Il Direttore del Fatto ha tutto il diritto di esporre il suo pensiero, le sue certezze sui drammatici fatti dell’Ucraina e credo che in parte abbia ragione. Tuttavia giudicare come “scemo di guerra” chi a quelle che per lui sono menzogne, in buona fede, ci crede oppure non ci crede molto, ma pensa, comunque, che l’Ucraina vada aiutata a difendersi, non fa certo parte di un corretto stile di vita democratico. Non aiuta a mantenere vivo il dialogo tra le persone, non aiuta a trovare la verità ammesso che sia possibile o almeno ad avvicinarci. Perché chiamare “scemo” chi non è d’accordo con me?
Giovanni Fratini