C’è chi attribuisce al web il fallimento di molti matrimoni. Ma sarà vero?
C’è la scrittrice Giovanna Politi che invece è convinta “Chi vola basso non può toccare il cielo”
"Calma non può esserci nell'amore, perchè quel che si è ottenuto è sempre solo un nuovo punto di partenza per desiderare di più". Sembra quasi che lo scrittore Marcel Proust quando ha scritto queste poche parole avesse appena consumato uno dei tanti rapporti d’amore nati e vissuti nella rete. Dove si vuole sempre di più e si chiede sempre di più.
Non c’è calma.
Facebook ha compiuto 10 anni in cui i nostri comportamenti sono molto cambiati. Da una prima fase in cui si utilizzava la propria bacheca per mettersi in mostra si è passati ad una fase in cui cerchiamo di capire la vita degli altri come scorre…seguendoli…o magari spiandoli.
Ed anche l’amore viaggia ormai sui social network e sulla rete. Qualche giorno fa intervenendo ad un convegno ho cercato di sottolineare come la nostra capacità di essere nodi nella rete, deve fare in modo che il fenomeno dell’autocomunicazione di massa diventi lo strumento attraverso il quale non passa solo l’autoaffermazione di sé ma la condivisione di sé, che genera capacità di ascolto, di confronto alla ricerca di un punto d’incontro, nel quale ognuno lasci qualcosa per acquisire qualcosa per il raggiungimento di una nuova dimensione
Ma questo è solo un augurio. Parliamo per un attimo dell’amore. Di recente ho letto un romanzo scritto da una giovane donna leccese, Giovanna Politi. Già il titolo era accattivante: Chi vola basso non può toccare il cielo. Un racconto in cui la stessa autrice ammette :”prestando la mia anima, il mio sentire, parte del mio mondo esperienziale, il mio corredo emozionale, vi ho narrato il fertile travaglio interiore di Emma, che attraverso un percorso di ascolto del suo io più intimo e vero, è riuscita a stravolgere la sua quotidianità e a trasformarla fino ad esserne soddisfatta”.
Il racconto di Emma è coraggioso, soprattutto perché sfida la crisi e la disoccupazione . La protagonista del romanzo della Politi ha rinunciato ad un lavoro che le stava annichilendo il cuore si è messa in discussione. Ha lasciato un uomo con cui non condivideva più nulla dove l’unico collante era ormai solo l’abitudine.
Il coraggio di cambiare è già chiarito nel sottotitolo “perché cinque minuti a toccare il cielo valgono più di una vita a guardarlo da terra”.
La ricerca dell’io e la nostra vita sui social network. Soprattutto su Facebook, in auge da 10 anni, continuiamo ad essere sospesi tra la sindrome del mondo cattivo di Gerbner – secondo la quale – chi cresce in una casa dove si vedono più di tre ore di televisione al giorno, di fatto vive in un mondo più cattivo di quello del suo vicino che guarda meno la televisione, e la sindrome del mondo amico di Eckles nella quale alcuni dei problemi più importanti non arrivano mai fino a noi.
I dati ci parlano di matrimoni che finiscono per i tradimenti che nascono sulla rete e che poi continuano nella vita reale. I dati sulla fine dei matrimoni che ci fornisce l’Istat ci devono far riflettere. Certo non tutte le separazioni sono attribuibili alla rete e ai social network. Tempo fa gli avvocati matrimonialisti hanno parlato di quasi un cinquanta per cento. La sensazione che si ha leggendo i numeri, come ha scritto La Lettura del Corriere che se divorzi la colpa è del matrimonio. Ecco i numeri crudi su 1000 sposati nel 1975, 130 coppie si sono separate nel 2011. E se prendiamo invece le coppie sposate nel 2000 le separazioni aumentano a 137. Matrimoni falliti dopo 11 anni. I matrimoni non resistono oltre i 20 anni. Questo per il nuovo modo di comunicare? Per nuove forme di amore?
Pensiamo che molto è da attribuire alle tante connessioni che abbiamo attraverso la rete e alla possibilità di ristabilire rapporti che il telefono o le lettere negli anni precedenti non ci hanno permesso. Certo è mutata la condizione sociale ma le nuove forme di relazionalità non sono da sottovalutare. Condivido cosa ha scritto Roberto Cotroneo: “mostrandoci definiamo i confini di noi stessi, tracciamo il disegno della nostra identità. Ma sappiamo raccontare solo il nostro presente, il nostro essere lì in quel momento, è l’unica cosa che gli altri percepiscono guardandoci”.
Se questo accade nella vita e nel web, sui social network, come in ufficio o per strada…è difficile toccare il cielo. Ma non è detto che sulla rete si voli sempre basso…pardon…si navighi.