Anche quest’anno la data dell’8 marzo ci porta all’amara considerazione del fatto che nonostante siano stati fatti enormi passi avanti nella parificazione del ruolo delle donne in ambito sociale e professionale, un cancro scava e lacera questi progressi di civiltà ed è l’acuirsi della violenza di genere spesso in ambito familiare. Su 60 omicidi commessi in Italia da gennaio fino al oggi, 20 sono quelli in danno di donne in ambito familiare. E’ inaccettabile.
La Legge Italiana ha fatto notevoli progressi nel venire incontro a questa emergenza e nel prevedere pene e strumenti che assicurano una maggiore tutela nella repressione delle condotte di violenza, ma purtroppo il fenomeno permane e non si ferma, non solo in Italia ma nel mondo e soprattutto nei paesi in cui la cultura stessa è ancora orientata nel considerare le donne come persone di serie B e dove la vita di una donna ha un valore irrisorio collegato spesso alla sola capacità di mettere al modo figli o lavorare.
Come donna nata in società che considero evoluta sono stata abituata a pensare di avere le stesse possibilità e capacità di un uomo e che l’unica differenza fra uomini e donne sia dovuta solo a caratteri diversi, nulla più. Mi rendo conto invece che nonostante i tanti ed indiscussi passi avanti fatti ancora oggi - epoca di progressi e di affermazione di ogni sorta di diritti, di studi su ogni possibile istanza avanzata a tutela di ogni sorta di discriminazione - tantissime donne devono ancora fare i conti con vergognosi luoghi comuni, e comportamenti inappropriati che le incastrano in ruoli che stridono con il loro tempo e che nulla hanno a che fare con la società equa e paritaria cui hanno pieno ed indiscusso diritto.
E questo diritto non deve nutrirsi di gesti eclatanti e di protesta o almeno non solo di questo ma di quotidianità, di rispetto, di condivisione, di libertà di esprimere le proprie opinioni e le proprie scelte senza per questo rischiare di essere insultata, percossa o peggio ancora uccisa nell’anima e poi nel corpo.
I dati ci confermano che il fenomeno investe ogni fascia sociale ed attraversa diverse generazioni che ereditano comportamenti ritenuti purtroppo ancora accettabili. Quindi c’è ancora molto da fare per superare il senso di normalità di comportamenti violenti che vanno segnalati e contrastati: non ci si illuda che la persona violenta possa cambiare e anzi la mancanza di reazione da parte della vittima porta purtroppo al consolidamento e al peggioramento delle violenze e dei comportamenti di maltrattamento.
Chi è vittima di violenza fisica o morale, non deve tacere ma confidarsi e cercare aiuto nella famiglia, negli amici e nelle istituzioni, acquisendo consapevolezza che il valore dell’individuo non può essere mai messo in discussione.
Laura Di Fazio