L’articolo del Dott. Coscarella del 28 ottobre http://elbareport.it/eventi-societa/item/6989-i-compiti-a-casa-occasione-di-quotidiana-tensione-tra-genitori-e-figli ha toccato un argomento quello “dei compiti a casa” da me approfondito, insieme al contributo di altri colleghi pedagogisti, in alcuni articoli della newsletter di Aprile della S.I.P.P. (Società Italiana di Psicologia e Pedagogia), società con sede a Perignano grazie alla quale mi sono formata e continuo ad aggiornarmi come pedagogista e con la quale è iniziata da qualche anno una collaborazione professionale.
Vorrei riportare le mie riflessioni in merito, arricchite dal confronto con altri colleghi, e dai periodici incontri di formazione ai quali partecipo.
“Spesso mi è capitato di leggere articoli sui compiti a casa e ogni volta mi ritornano alla mente i pomeriggi trascorsi a studiare spesso per evitare figuracce, brutti voti e sanzioni dai miei genitori. Fortunatamente con il trascorrere del tempo ho trovato motivazioni più forti e durature che mi hanno spinto a studiare per scoprire cose nuove, rielaborare e memorizzare quanto assegnato dai miei insegnanti.
Ora che non sono più una studentessa, ma svolgo la professione sia di insegnante di scuola primaria sia di pedagogista, ho cercato di non trascurare l’aspetto dei compiti a casa e di trovare una risposta alle molte questioni ancora ampiamente dibattute.
Qual è il significato dei compiti a casa? Come interagiscono con il lavoro in classe? Come li valuto? Che riscontro voglio avere dai compiti? Da che cosa dipende la quantità? Come la calibro nel rispetto delle differenze tra gli alunni? Come mi raccordo con gli altri insegnanti? E, infine, qual è il ruolo dei genitori?
Sono domande che mi pongo spesso e che cerco di riportare all’intero team docente con cui collaboro per confrontarmi e condividere modalità operative.
Dal confronto è emersa, in primo luogo, la necessità di definire le caratteristiche fondamentali che devono avere i compiti a casa per poter essere utili agli alunni.
I compiti, a mio parere:
Devono essere presentati in maniera chiara e comprensibile per cui è necessario che le indicazioni siano precise e dettagliate;
Devono rappresentare un’esercitazione rispetto al lavoro svolto in classe;
Devono essere calibrati in base alle sicure e certe possibilità individuali. L’esercizio a casa deve essere un momento in cui l’alunno si mette alla prova, ma deve essere una prova che gli dia la certezza di saper fare. Attraverso i compiti possiamo insegnare ai bambini e ai ragazzi a usare soprattutto la loro testa. Il loro ragionamento è questo: “Io ci provo, se non ce la faccio, tiro a caso oppure non ci provo nemmeno…perché faticare tanto su una cosa che non è alla mia portata?”
Vanno introdotti gradualmente in termini di quantità, senza mai superare il tempo stabilito dal buon senso per quel tipo di apprendimento;
In classe devono essere corretti collegialmente e rivisti singolarmente con ciascun alunno se ha commesso errori rilevanti;
Vanno valutati in base all’impegno e alla correttezza secondo le caratteristiche di ogni alunno.
Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo gli insegnanti devono:
Accordarsi fra loro per la distribuzione dei compiti durante la settimana in modo da evitare un carico eccessivo in alcuni giorni;
Fornire indicazioni concrete ai genitori perché sappiano come va eseguito un compito –tipo (naturalmente questo non riguarda tutte le attività ma le procedure più complesse, il metodo di studio…);
Parlare con i genitori per condividere l’importanza dell’atteggiamento da assumere con i figli in relazione all’impegno pomeridiano.
Se riusciamo a tenere sotto controllo i punti sopraelencati non rimane che da monitorare con attenzione l’andamento del lavoro utilizzando le possibili criticità emerse come spunto di ulteriori confronti con i colleghi e con i genitori.
Per quanto concerne, invece, il ruolo genitoriale riporto alcune riflessioni della collega pedagogista Sandra Matteoli la quale ha approfondito la tematica dei genitori e dei figli alle prese con i compiti.
“Nel momento in cui un figlio diventa anche “scolaro” i suoi genitori si trovano a dover affrontare nuovi impegni e maggiori responsabilità.
I compiti da eseguire a casa ne rappresentano, senza dubbio, un aspetto significativo.
Vorrei lasciare spazio ad alcune riflessioni dalle quali possiamo trarre indicazioni utili per rendere meno faticoso e più produttivo l’impegno dei nostri figli (e anche il nostro!).
Naturalmente il compito dei genitori è diverso in base a tante variabili fra le quali le più importanti riguardano l’età dei figli, la loro autonomia e il loro senso di responsabilità, le capacità individuali, il carico di lavoro e il tempo a disposizione. Pertanto le indicazioni che seguono, pur non essendo suddivise per età o livelli, seguono un ordine graduale e possono essere adattate alle specifiche esigenze di ciascuno.
Al loro ingresso alla scuola primaria sono rari i bambini che riescono ad organizzarsi da soli e sono in grado di dare una precisa scansione temporale agli eventi della giornata. Il supporto del genitore è fondamentale per aiutarli a conquistare gradualmente le capacità di programmare i loro impegni stabilendo il tempo necessario per portarli a termine;
con la crescita è opportuno responsabilizzarli a suddividere il tempo dello studio e quello delle attività libere, facendo comprendere che la gestione del tempo, attuata in modo routinario, è una regola importante, è bene quindi, suddividere l’orario pomeridiano in tempo per lo studio e tempo per il gioco e mantenere gli orari con fermezza.
Anche se all’inizio ci saranno difficoltà, i bambini avranno modo di rendersi conto da soli che così facendo le cose funzionano meglio;
anche l’organizzazione dello spazio è importante pertanto è necessario scegliere un luogo tranquillo, senza fonti di distrazioni dove sia facilmente reperibile tutto l’occorrente;
il materiale scolastico deve essere preparato dal bambino in modo autonomo perché possa pian piano essere più responsabile delle sue cose;
l’atteggiamento deve essere improntato al sostegno: è importante sedersi accanto al bambino, essere pazienti, comunicargli la nostra fiducia nelle sue capacità. Se sbaglia non mettiamogli etichette, non va mai umiliato, evitiamo di fornirgli soluzioni già confezionate ma stimoliamolo, guidiamolo a trovarle in modo autonomo. Infatti, va ricordato sempre che il compito educativo è quello di aiutare i figli a diventare autonomi, del resto quando il bambino era piccolo non è stato aiutato per centinaia di volte a vestirsi? A un certo punto, standogli accanto, ci siamo resi conto che sapeva farlo da solo. Forse vale la pena provarci anche con i compiti. Inoltre non va mai sottovalutata l’importanza del dialogo e dell’ascolto, prestando attenzione non solo alle sue parole, ma anche alle sue emozioni; se si sente compreso è molto probabile che dia il meglio di sé;
di fronte a richieste più complesse non dilunghiamoci in spiegazioni e approfondimenti: un semplice esempio pratico vale più di mille parole.
E se qualcosa non funziona?
In questi casi è indispensabile un confronto con gli insegnanti che possono aiutarci a capire meglio la situazione e darci indicazioni pratiche. Ricordiamo sempre che l’autonomia nei compiti a casa è un punto di arrivo, essa si conquista gradualmente e solo se siamo abbastanza autonomi nella varie autonomie quotidiane!”
Dott.ssa Monica Zoccoli
Pedagogista clinica
Insegnante specializzata di scuola primaria