Cominciamo questa settimana ad ospitare dei contributi sul tema dell’enogastronomia e iniziamo con la persona più qualificata a parlare del tema: Alvaro Claudi, gastronomo, cuoco e storico della cucina elbana.
La cucina dell’Isola d’Elba.
Per conoscere bene un popolo è fondamentale studiarne le usanze alimentari che si ricavano da una conoscenza approfondita della storia.
Quindi per cercare di interpretare le fasi alimentari della popolazione elbana è necessario accennare anche seppure minimamente alla storia dell’Isola e dei suoi abitanti .
Non si potrà parlare di cucina prettamente elbana, così come non si potrà parlare di indigeni elbani, bensì si considererà una cucina che si è affermata all’Elba nel corso dei secoli, partendo dal tardo Medio Evo o primo Rinascimento, da quando cioè si incomincia a parlare di storia elbana moderna o meglio di civiltà elbana.
E’ in questo periodo storico che all’ Elba comincia ad affermarsi un sistema di alimentazione piuttosto semplice, parco anche in quelle preparazioni che a prima vista potrebbero sembrare elaborate.
Ed è da allora che cominciano ad arrivare alcuni piatti al seguito dei diversi flussi etnici provenienti da differenti località della Toscana, dalla Liguria, dalla Campania , da altre regioni italiane o addirittura da stati esteri, che per i più disparati motivi si stabiliscono nelle varie zone dell’Elba.
Queste immigrazioni che si susseguiranno nel corso dei secoli continueranno sino ai giorni nostri.
La zona che conserva tuttora la tradizione culinaria più antica è Rio nell’Elba e dintorni, in quanto ha subito in minor misura l’influsso esterno. I riesi, per esempio, non si sono mai spostati dal loro territorio fino alla fine dell’ottocento e anche quando partirono per l’America cercarono quasi sempre di ritornare, a differenza di abitanti di altre zone dell’Elba, che si sono radicati in società straniere.
Nei piatti del versante orientale dell’Isola si notano tracce di cucina iberico-moresca lasciate dalle diverse invasioni del mondo mussulmano e dalla dominazione spagnola. Come esempio si possono citare la “sburrita” , zuppa di baccalà o di pesce in bianco, e il “gurguglione”, stufato di verdure simile alla “ratatouille”, dove prevalgono i peperoni e le melanzane , tutti ingredienti tipici della cucina ispanica e berbera. Anche nella “schiaccia briaca”, a parte il vino aggiunto successivamente, compaiono ingredienti caratteristici di questo tipo di cucina.
Antichissima è la maniera di preparare le “imbollite”, sorta di focaccine a base di fichi grasselli che abbondano in questi luoghi. La “sportella “ è una sorta di pane con gli anaci, oggi più raffinato di un tempo , quando assieme al “cirimito” erano oggetto di scambio, tra fidanzati, durante le festività pasquali. La forma che richiama simboli sessuali vuole essere di auspicio per una futura fertile stagione. La “caccilebbora” anche questo pane anisato con un uovo in mezzo, dalle origini antichissime richiama l’augurio alla fertilità.
Mentre il popolo di Rio, esclusivamente minatore e marinaro era abbastanza omogeneo, quello di Portoferraio presenta diversità etniche. Infatti discende dai soldati che presidiavano le fortezze, dai muratori, dagli artigiani e dagli operai che per primi le abitarono, che provennero dai luoghi più diversi del continente , senza considerare tutti gli altri che durante gli anni successivi si stabilirono su questa terra in seguito alla costruzione dello stabilimento siderurgico prima, e poi dallo sviluppo del turismo.
Tipico della cucina portoferraiese è il cavolo nero condito con l’acciugata, che veniva preparato solitamente la vigilia di Natale. Anche lo” stoccafisso con le patate” può essere considerato un piatto di vigilia ma oggi tutte le occasioni sono buone per far festa a questo succulento e prelibato piatto
La grande quantità e la buona qualità del pesce favorisce la preparazione di piatti come il “polpo lesso” che qui si mangia “alla forchetta” gli “zerri fritti” o marinati, la “zuppa di favolli”, i totani e le seppie cucinati in vari modi, le “minestrine di pesce di scoglio e bietole,” gli “spaghetti con la margherita” e tanti altri.
Il “cacciucco”, così com’è oggi, veniva preparato anche quando Napoleone era l’ospite elbano più illustre, tanto da rimanerne soddisfatto dopo averlo assaggiato sulla darsena portoferraiese. E se ne rimase soddisfatto lui, che diceva che il tempo passato a tavola
era tempo perso!..
Nella parte occidentale dell’isola dobbiamo soffermarci sui dolci di Marciana e Poggio, quali il “corollo”, tipico ciambellone lievitato e la “schiacciunta”, fatta con lo strutto di maiale, anche i piatti a base di castagne in questa zona montuosa dell’isola rappresentavano una risorsa preziosa.
Da ricordare anche il pane di San Piero saporito e profumato, che durante la Pasqua diventa una vera e propria opera di scultura raffigurante uccelletti, colombe e tanti altri simboli pasquali. Nel territorio di San Piero e Sant’Ilario sono ancora presenti alcuni pastori di origine sarda che producono ottimi formaggi e ricotte e che si stanno attrezzando per offrire di nuovo al mercato elbano la possibilità di consumare carne ovina locale, che da sempre ha rappresentato per gli elbani l’alternativa alla cucina marinara.
Marciana Marina, paese di valenti pescatori, non poteva non avere un piatto a base di pesce come gli spaghetti con le sarde o le sardine ripiene. Anche le acciughe sono molto apprezzate dagli abitanti dell’isola che consumano sia fresche che conservate in salamoia. Da sottolineare che fino a pochi decenni orsono erano presenti su tutto il territorio isolano diverse tonnare ed uno stabilimento per la lavorazione del pesce azzurro che inscatolato veniva immesso sul mercato nazionale ed europeo. Le tonnare sono presenti all’Elba da oltre duemila anni, come ci ricorda Strabone ed i vari siti archeologici sparsi sull’Isola. Durante il periodo della Roma imperiale oltre ai tonni dell’Isola era molto apprezzato il “Garum” una salsa a base di pesce fermentato e quello prodotto all’Elba era tra i migliori.
Molto ricercate dai buongustai sono le aragoste, gli astici e le margherite o granceole che i pescatori di Marina di Campo pescano in determinati periodi dell’anno.
In conclusione appare chiaro come la diversa dislocazione degli abitanti caratterizza la cucina elbana, difatti Portoferraio, Porto Azzurro e le varie “Marine” danno piatti a base di pesce, mentre i paesi situati in collina o montagna, come Rio nell’Elba, Capoliveri, Poggio, Marciana, San Piero e Sant’Ilario, hanno una tradizione basata sui dolci e sui pani di varia forma e confezione.
Vediamo come nel passato esisteva una differenziazione culinaria tra i monti e il mare; al giorno d’oggi si tende ad una omogeneità, pur nella varietà: infatti nella cucina dell’Isola d’Elba si trovano piatti di origine toscana, ligure, provenzale, e anche di derivazione piratesca.
Alvaro Claudi