A volte la percezione dell’isola da fuori è diversa, anche se non si va molto lontano. L’esperienza di questa settimana la ritrovo da Pisa. Scopro, oggi, che vorrei essere un cane. O magari un bel cavallo. O un gattino. Mi trovo alla Clinica Universitaria Veterinaria, in una struttura che mi rimanda continuamente al confronto con il nostro ospedale elbano da “umani”.
In una semi-periferia di Pisa, a letteralmente dieci minuti da piazza dei Miracoli, in mezzo a una campagna curata, bellissima, piena di grandi distese verdi, con alberi incredibilmente non “potati” in modo “moderno”, come sempre più spesso si vede nei nostri spazi verdi cittadini, ma liberi di far correre i lunghi rami verso il cielo, si trova una struttura ospedaliera pubblica che accoglie i pazienti e i visitatori con un piccolo cartello sulla provinciale, verde e sobrio, ma curato e preciso, indirizzandoli verso un parcheggio misto ad aiuole verdi divisorie, alberi, e precisi spazi riservati alle auto, il tutto rigorosamente separato dall’ingresso vero e proprio, che è protetto da una sbarra, perfettamente fissata a un cancello curato e funzionante della struttura recintata da alti cespugli di lecci, allori, mirti. Un altro piccolo cartello verde bottiglia ci indirizza verso l’Accettazione. Una delle prime cose che mi colpiscono, nella sua semplicità, rispetto al nostro ospedale “umano” è questo: niente scale; niente barriere; niente cestini e cassonetti in vista; niente sporcizia, niente vasi da fiori in cemento rotti e arrugginiti. Trovo solo spazi verdi e strade interne con una pavimentazione da esterni meno invasiva del semplice asfalto e, incredibile, canaline per lo scolo dell’acqua piovana.
L’Accettazione è a piano terra, vi si accede direttamente con un grande ingresso; le sale del piano terreno, la sala d’attesa, qualche gabinetto medico in fila, hanno tutti porte finestre che si aprono sull’esterno: i cani e i loro padroni possono attendere anche fuori, in un prato a loro destinato per eventuali necessità. Un cartello informa i visitatori che i prati sono riservati ai cani degenti.
Anche le stalle e i maneggi per cavalli, muli, e quant’altro, sono concepiti armoniosamente, e l’architettura è quella piacevole di un vasto complesso residenziale curato, quasi una fattoria.
Premetto che non mi sto riferendo all’accoglienza medica o alla qualità dei servizi sanitari, non entro in questo argomento. Sto facendo solo un paragone della qualità della vita riservata a un uomo o donna che si avvia verso l’ospedale elbano per un’analisi o un ricovero, e un canino che viene portato fiducioso verso un’analisi o un ricovero nella clinica universitaria ricordata. Facciamo ipoteticamente un passo indietro e, sezione per sezione, visioniamo l’arrivo al nostro ospedale elbano partendo dal bivio della strada principale su via Carducci. Non rispondo, rispondete voi lettori: come è il bivio? Come è il parcheggio? Le piante? Le siepi? I cassonetti? I molteplici cartelli, quelli utili e quelli vuoti, con il solo palo, senza indicazioni? Le catenelle e i paletti, diritti o storti? La vista dall’ospedale verso fuori? La vista dell’ospedale da fuori, pista per l’elicottero compresa (poveracci gli abitanti della zona dietro l’ospedale) ?
Insomma, stiamo attenti quando pensiamo a chi ci guarda, da che punto di vista possiamo essere osservati. Lo Scoglio Visto da Lontano può essere percepito in varie maniere, ma ricordiamoci sempre che siamo in Toscana, una delle regioni più piacevoli al mondo per la bellezza del paesaggio, inteso non come colline o bei cipressi, ma come armonia e qualità della vita! Se lo ricorda l’Europa, con la Convenzione Europea del Paesaggio, ma all’Elba qualcuno a volte se lo dimentica. In un’epoca in cui concepire strutture funzionali, dettate dalle buone regole della gradevolezza e della semplicità, scevre da esagerazioni, esperimenti, frivolezze, ridondanza della cartellonistica, con un’illuminazione senza senso, e con una totale mancanza di colpo d’occhio da parte dei più, ecco che un semplice punto di vista dei nostri animali ci può far ricordare quali sono i veri obiettivi verso cui dovremmo mostrare più cura e attenzione, e quali sono alla fine i veri valori che in fin dei conti fanno la differenza e dei quali ci potremmo dire grati e fieri.
Cecilia Pacini