Ieri, passando lungo una strada di Portoferraio, mi è capitato di vedere affisso un manifesto a nome di un ristorante elbano in cui, in occasione della festa della donna, si pubblicizzava l’evento mettendo in bella evidenza con tanto di fotografie la presenza di due baldi giovanotti in costume da bagno muscolosi e di bella presenza. Confesso che a quella vista mi sono indignato e anche un po’ vergognato. Ovviamente ci saranno altri locali in tutta Italia che in tale circostanza hanno pensato di fare cosa gradita con questa “ bella” trovata; ciò nonostante, ed ancora di più, la sensazione è la stessa. Quella immagine non rappresenta altro che lo specchio, il rovescio di genere di come viene considerata ancora la donna nell’immaginario collettivo più inconfessato e nel tessuto più profondo della nostra società. Tutti gli episodi di violenza contro le donne fino all’omicidio non sono altro che le manifestazioni estreme di come viene interpretato ancora troppo spesso il ruolo della donna come persona: proprietà dell’uomo, bella immagine da copertina, corpo da guardare, da sfruttare, madre confinata in casa in condizione subordinata. Il più delle volte a scatenare la violenza sono episodi di abbandono o di rifiuto a continuare un rapporto ormai esaurito o deteriorato da comportamenti di poco rispetto; è comprensibile il forte dolore che ne può derivare, allora per superarlo è necessaria una forza interiore e un patrimonio di valori che non tutti hanno acquisito e sufficientemente interiorizzato. Invece prevale il sentimento di rivalsa e di odio frutto di retaggi culturali duri a morire e purtroppo ancora coltivati anche inconsapevolmente in questi ultimi venti anni. Ricordo, quando ero giovane, quanta passione si metteva nel seguire il movimento femminista anche quello più radicale, ma retrospettivamente bisogna riconoscere che, proprio per ribellarsi ad una condizione subita da secoli, troppo spesso il movimento aveva considerato l’uomo come il nemico da combattere come persona, non solo per il suo atavico ruolo preminente nelle società; questo ha comportato delle distorsioni nei rapporti , un senso di inferiorità da parte dell’altro genere, preparato un sentimento di rivalsa. E’ stata, però, una rivoluzione esaltante che ha portato anche a rovesciare e ad eguagliare alcuni ruoli mutando anche se spesso solo in superficie la considerazione per la donna non soltanto come genere, ma soprattutto come persona che proprio nella sua specificità arricchisce le relazioni fra i generi e le funzioni sociali a tutti i livelli. Quando verrà il giorno in cui non si dovranno più promulgare leggi o introdurre regole per ottenere la parità di genere, per il momento ancora necessarie per salvaguardare i diritti delle donne, sarà un bellissimo giorno perché tutti verranno considerati, nella totale consapevolezza sociale, come persone che, pur nella loro ricca dimensione di genere, avranno gli stessi diritti e gli stessi doveri e comportamenti di profondo rispetto reciproco. Allora forse non ci sarà nemmeno più bisogno di una festa dedicata alla donna. Per ottenere questo da parte di tutti bisognerà impegnarsi e lavorare ancora molto.
Michele Rampini