Ieri era il primo maggio, festa non solo nazionale, ma anche ricorrenza locale tra le più sentite, per un pic-nic tradizionale da celebrare in famiglia, con il pollo arrosto, le sedie, la tavola apparecchiata, un buon vino. Una ricorrenza che a Schiopparello vede numerosi habitué tornare anno dopo anno al proprio spazio, possibilmente non sulla spiaggia, ma all’ombra delle tamerici e sul pratino selvatico tra le canne.
La gioia di ieri era però oscurata da una presenza ingombrante. Raramente ho visto su quella spiaggia un ciarpame di plastiche di ogni tipo, favorito dal maestralino fresco.
La beffa, orribile, è che Schiopparello, Le Trane, Magazzini, fanno parte di una zona protetta, circondata da una campagna tutelata sia dalla normativa sia dagli abitanti stessi che ne sono fieri e che la vivono come si usava nei tempi andati, con le abitudini dell’agricoltura, vigne, mucche a pascolare ospiti da un terreno all’altro, fagiani lepri cani anatre e oche in giro, accanto ad un turismo poco appariscente, poco chiassoso, ma di qualità.
Mi hanno fermato, alcune persone, interrompendo il loro pasto, per chiedermi cosa mai si possa fare, sgomente. In effetti, è la prima volta che vado sulla spiaggia e non raccolgo la spazzatura dalla battigia: il mio è diventato un gesto consueto, purtroppo, quello di camminare e contemporaneamente raccogliere plastica. Sono pigra per andare in palestra, non ho fiato per fare il jogging, ma adoro camminare e abito all’Elba. Equazione vincente per andare in ogni stagione sulla spiaggia. Oggi era impossibile. Credetemi. Ho dovuto lasciare andare dopo pochi passi quanto ero riuscita a raccattare, non ce la facevo.
Ho pensato a quanto le associazioni ambientaliste fanno per la raccolta e la pulizia delle spiagge. Pazzesco, così tanta buona volontà ed energie soccombono davanti a un esempio simile. In tema di presenza francese all’Elba, mi è venuto in mente il Forte Saint Cloud, baluardo sanitario ottocentesco contro l’ingresso di navi sospette di portare malattie contagiose, colera, peste, febbri. Abbiamo bisogno di resuscitare e rimettere in funzione il Forte, di ripescarlo dalle rovine della collina del porto commerciale di Portoferraio, tirarlo fuori dalle macerie e da dietro tutti quei giganti cartelloni pubblicitari, per fargli tirare una simbolica catena come esisteva tra il molo del Gallo e la Linguella, per proteggerci da tutti coloro che usano il mare come usa e getta, come una discarica senza valore, come un bene scontato e avvilito. Le associazioni ambientaliste potrebbero associarsi allora, sotto un’unica bandiera, quella dell’ex-Lazzeretto, per mettere in quarantena chi osa venirci a contaminare.
Cecilia Pacini