Succede che la rete esplode di articoli intorno al tema delle case mobili che, secondo molte fonti, sarebbero state “liberalizzate” da alcuni scellerati senatori PD.
Prima provo a raccontarvi i fatti che ho faticosamente ricostruito e che le molte prese di posizione di cui la rete pullula, a mio modestissimo parere, omettono più o meno in mala fede.
È palloso parlare di leggi ma necessario se vogliamo farci un’idea propria e non sposare l’una o l’altra posizione per credo religioso. Io ci ho provato e, guarda caso, l’idea che mi sono fatta è diametralmente opposta a quella prevalente che resta comunque più autorevole della mia (come quella di Tommaso Montanari che potete leggere qui: http://www.eddyburg.it/2014/05/casetta-libera-per-tutti-renzi-peggio.html)
L’attuale testo unico in materia edilizia definisce come nuove costruzioni (e quindi soggette a permesso di costruire) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno dei turisti.
Stranamente sembra sufficientemente chiaro da non richiedere altre spiegazioni.
Se non che il Senatore PD Stefano Collina (con Mario Morgoni, Andrea Marcucci e Manuela Granaiola tutti PD) ha proposto un emendamento in sede di conversione in legge del Decreto 47/2013 (Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015) che propone di sostituire quell’”ancorché” con un “salvo che”.
Lascio a voi la fatica di rileggere il testo in corsivo sostituendo mentalmente quella parolina. La sostanza è che si sovverte completamente il senso della norma ovvero per le case mobili non sarà più necessario ottenere il permesso di costruire così come denunciato da Montanari e da molti altri. E, almeno fin qui, io e Montanari siamo d’accordo (il che, sono sicuro, lo tranquillizzerà moltissimo!).
Ma ora veniamo alla mia posizione se a qualcuno dovesse interessare.
Mi scappa subito un commento sul come prima che sul cosa: in Italia, non avendo il coraggio di affrontare i problemi chiamandoli col loro nome, si nasconde una norma che sottrae le case mobili dalla categoria delle “abitazioni” nonché da quella delle “costruzioni” in un emendamento a un decreto il cui titolo è “Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni.
In più l’emendamento recita testualmente: «Art. 10-bis. (Semplificazione in materia edilizia)- 1. All'articolo 3, comma 1, lettera e.5) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la parola: "ancorché" è sostituita dalle seguenti: "salvo che"». (giuro! Potete controllare qui: http://parlamento17.openpolis.it/emendamento/64039)
Questo sarebbe già sufficiente a farci incazzare tutti, me e Montanari compresi! Non è accettabile, in un ordinamento che non ammette l’ignoranza, continuare a nascondere emendamenti criptici in norme che parlano dell’esatto contrario. Ripeto, per chi non avesse colto, che si sta dicendo che le case mobili non sono più abitazioni né costruzioni in un decreto che parla di emergenza abitativa e mercato delle costruzioni!!
Questo approccio somiglia molto alle numerose, disgraziatissime, vergognose leggi sui condoni edilizi (Craxi, Berlusconi, Berlusconi perché non ce lo si dimentichi mai più) in cui la parola condono non compare mai!!
Chapeau al parlamentare che per primo si è accorto di questo vero e proprio inganno!
Ciò detto mi tocca ora difendere il merito della proposta, non fosse altro che per onorare la memoria di quel rompipalle che mi dicono essere stato il mio nonno cavese.
Tra le più frequenti obiezioni a questo sciagurato emendamento c’è quella secondo la quale in Italia tutto ciò che nasce come provvisorio e precario poi diventa permanente: come non essere d’accordo.
Ma io aggiungo un’altra questione: e quello che nasce come permanente perché soggetto a permesso di costruire possiamo davvero sperare che tale non sia?
Allora, se è vero come è vero che si debba iniziare a chiamare le cose col loro nome, ci dobbiamo mettere d’accordo: vogliamo vietare i bungalow nei campeggi? Allora si fa una norma in cui si dice “sono vietati i bungalow nei campeggi punto”. Non si disquisisce sul fatto se debbano essere o meno soggetti a permesso di costruire!
Facciamo che non sia questa l’intenzione di Monatari & c. Del resto tutto possiamo dire di Montanari fuorché non dica pane al pane e vino al vino e, se davvero volesse vietare tout court i bungalow nei campeggi lo avrebbe detto. O sbaglio?
E allora, se ammettiamo che, come in tutto il mondo, nei campeggi (di questo parliamo, non di tutto il territorio nazionale come molti dei titoli degli articoli sul tema lasciano intendere!) si possa installare una congrua dose di bungalow impedendo che gli stessi vengano venduti con modalità le più fantasiose (come si tenta di fare qui: http://www.immobiliare.it/36394878-Vendita-Trilocale-ottimo-stato-piano-terra-Rio-Marina.html), allora vanno chiamati bungalow. Se li si assoggetta al permesso di costruire diventano, per definizione, permanenti; e allora non c’è cristo che tenga, non c’è chiusura di campeggio che possa imporne la rimozione: diventano case a pieno titolo.
È proprio l’auspicata necessità del permesso di costruire che permetterebbe di mascherare da campeggi delle vere e proprie lottizzazioni residenziali.
Se restiamo dell’idea che una giusta dose di bungalow possa esistere dentro un campeggio (vi ricordo che i bungalow potrebbero comunque essere installati in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno dei turisti) allora io sarei terrorizzato dal fatto che per gli stessi fosse rilasciato un permesso di costruire: per sua natura (e per costante giurisprudenza) non esiste un permesso di costruire per opere temporanee. Ottenuto il permesso io avrò tutto il diritto di mantenere l’opera vitam aeternam amen. Fallito il campeggio si venderebbero i bungalow con buona pace di Montanari.
E, essendo italiani, mi immagino che ogni area destinata a campeggio verrebbe ben bene riempita di bungalow (a quel punto pure di cemento) per poi chiudere il camping dopo 6 ore e mezza di attività!
Se, invece, si trattano i bungalow come accessori (pur regolamentati e dosati) del campeggio, morto questo dovranno morire pure i bungalow. Con buona pace mia e di chi sarà arrivato a leggere fin qui!
Sono stato spiegato?
Franco Filippini