Un delitto quasi perfetto, cui mancherebbe solo l’identificazione certa di movente e di mandanti.
Un monumento all’ipocrisia paesaggistica ed estetica a favore dell’ennesimo inutile scempio e della cementificazione di uno dei più mirabili, insostituibili e non replicabili scenari, non solo elbani: la rada di Marciana Marina, con il suo porto impreziosito dalla Torre.
Nello scrivere ciò, mi riferisco alla recente adozione, da parte della sola maggioranza imperante nel Consiglio comunale di Marciana Marina, delle varianti, tanto attese, al Piano Regolatore del Porto (PRP) ed al Regolamento Urbanistico (RU).
Non mi stancherò mai di ripetere che la riqualificazione del porto del paese potrebbe veramente essere una occasione storica di sviluppo, ove realizzata nei modi opportuni, in una logica coerente di sistema-paese ed a patto che non generi solo un autolesionistico scempio, magari in nome di una terroristica sicurezza.
I cittadini marinesi, cui riconosco un radicato amore per il paese, appaiono ancora distratti sull’argomento, anche per colpa di una incompleta e distorta informazione sul tema delle realizzazioni portuali: a tal proposito ritengo che l’evento “Porto in piazza” sia stato solo una pantomima, al limite della presa in giro, almeno per quanto riguarda la rappresentazione delle soluzioni progettuali.
Ricordo di avere già scritto delle sensazioni che tutti provano, arrivando a Marciana Marina e superando il curvone della “Crocetta”, nel vedersi schiudere davanti agli occhi l’arioso ed unico scenario della rada, contesa tra il colore del mare e quello degli scogli, della Torre, delle linee snelle del molo foraneo, del misurato percorso del lungomare alberato.
Ecco, il rischio, alla luce delle adottate varianti del Regolamento Urbanistico e del Piano regolatore del Porto, è che tutto questo mirabile scenario venga stravolto, paesaggisticamente ed ambientalmente, ed infarcito di cemento e di coperture varie.
Inviterei tutti, al proposito, di recarsi proprio al belvedere della Crocetta, e magari anche sul primo tratto del lungomare, e di immaginare realizzato il proposto nuovo aspetto della rada di Marciana Marina.
Innanzitutto, subito davanti agli occhi, non la Torre nella sua imperiosa evidenza, ma un mostro (il nuovo “pennello” di sopraflutto, in termini tecnici) lungo ben 80 metri ed alto fino a 5 metri; poi, sulla sinistra, al posto del “ moletto dei sassi” un nuovo molo, ben largo, a sassi e banchina carrabile in cemento, con un tracciato a forma di L, lungo 60 metri ed alto 2 metri; poi, ancora, un tappeto di pontili galleggianti a ricoprire permanentemente la rada anche in assenza di barche.
Non è finita, purtroppo: ad “ingentilire” la vista della Torre, ecco moderne gru poste proprio quasi alla sua radice, visibili, si dice, solo mentre operino, essendo dichiarate del tipo a scomparsa.
A tal proposito, avendo ben presente e sperimentato la capacità gestionale di servizi pubblici in generale (vedi il mitico bike sharing, oppure i bagni) o, in alternativa, di far rispettare i relativi contratti di servizi con terzi, si può razionalmente temere che, soprattutto nella stagione turistica, tali gru sarebbero permanentemente visibili, con buona pace della Torre.
Ovviamente, neanche il lungomare si salverebbe.
Infatti, le lungimiranti massicciate (frutto di imbonimenti oggetto di indagini giudiziarie, ma poco importa, evidentemente) poste all’altezza del Piazzale Bonanno (anch’esso al centro di contenziosi giudiziari, per non cambiare) e del Circolo della Vela, saranno di fatto sanate e promosse (certamente la prima e probabilmente anche la seconda) a grandi belvederi in cemento/legno che si protendono anch’esse verso il mare.
Nel migliore dei casi, tutto ciò sembra il frutto di quello stesso equivoco che ha portato, a suo tempo, a pensare e sostenere che la cementificazione privata residenziale dell’entroterra avrebbe portato certo e duraturo benessere: nulla di più falso, come il tempo ha dimostrato, al prezzo, spesso (come nel caso di Marina di Campo), di veri e propri drammi e di un dissesto ambientale ed idrogeologico irrecuperabile.
In modo quasi analogo, ipotizzare, e peggio attuare, la cementificazione e la tombatura della rada di Marciana Marina non solo non garantirà il tipo di benessere eventualmente ipotizzato da parte di qualcuno, ma comprometterà l’unica reale ricchezza del paese: il suo paesaggio.
Sarà meglio, invece, convincersi che gli investimenti, per il desiderato sviluppo dell’economia turistica, debbano essere indirizzati soprattutto alla costruzione di una riconoscibile “personalità” del territorio, alla completezza ed alla qualità dei servizi, all’arredo urbano, al geloso mantenimento delle peculiarità paesaggistiche ed ambientali (avendo la fortuna di possederle).
In questo ambito sembra curiosamente intravedersi, persino, una assenza di “sintonia strategica” tra il progetto di cementificazione (in senso lato) della rada e la raffinata attenzione policromatica e materica rappresentata dal “Piano del colore” adottato dalla stessa succitata maggioranza, dopo, si spera, più attenta, coscienziosa e responsabile lettura rispetto alle citate varianti.
Paolo Di Pirro