Mi sembra sia degno di riflessione e non sia stato, invece, fino a ora, adeguatamente notato il fatto che l’ultima strage terroristica in ordine di tempo ha colpito un bersaglio non casuale: un campus universitario dove i giovani kenyoti, ragazzi e ragazze, cristiani e musulmani, studiavano insieme e legavano all’esercizio del loro diritto di studiare una prospettiva che era sia di mobilità sociale e di liberazione individuale sia di costruzione di una prospettiva di sviluppo per il loro paese.
E non è la prima volta che questo accade: ma questo fatto, come anche i brutali rapimenti di studentesse messi in atto da Boko Haram in Nigeria nel quadro di una precisa strategia tesa deliberatamente a impedire alle donne di emanciparsi e liberarsi attraverso l’istruzione, non hanno suscitato risposte dello stesso livello degli attentati a Charlie Hébdo o al Museo del Pardo, non hanno dato luogo a manifestazioni con la partecipazione dei leader del mondo.
Eppure in un pianeta in cui le prospettive tra di loro connesse di una crescita compatibile con l’equilibrio delle risorse e di una promozione dei diritti che avvicini il grande obiettivo dell’eguaglianza del genere umano passano attraverso l’affermazione del diritto al sapere.
Anche in Italia, la legge sulla “buona scuola”, che contiene alcune misure giuste e altre molto discutibili, ha un buco proprio su questo punto: il diritto allo studio, la lotta contro la dispersione, la costruzione di prospettive di migliore integrazione di tutte le ragazze e i ragazzi nel sistema scolastico e formativo. E più in generale sono decenni che la scuola non viene più percepita, in Italia, nel suo ruolo di fondamentale agenzia dell’eguaglianza di opportunità e della promozione di una mobilità sociale fondata sul merito
E anche in una regione come la Toscana, che ha investito molto su questo terreno (dalle “sezioni Pegaso” per consentire la frequenza della scuola dell’infanzia a bambine e bambini che i tagli governativi avrebbero escluso, al sostegno a esperienze particolarmente virtuose di integrazione tra istruzione, formazione professionale, innovazione produttiva dei distretti) moltissimo resta da fare. E’ dalla scuola che passa la prospettiva di una piena integrazione come uomini e donne, come cittadini, come lavoratori consapevoli, di tutti i bambini, di qualunque origine, che nascono in Toscana: ed è questa la più importante risorsa della nostra regione.
Francesco Nocchi