«Il 20 luglio la Camera ha approvato il “Patto fiscale”, trattato Ue che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del Pil in vent’anni. Comporterà per l’Italia una riduzione del debito di una cinquantina di miliardi l’anno, dal 2013 al 2032. Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o condanna il Paese a una generazione di povertà. Approvando senza un minimo di discussione il testo la maggioranza parlamentare ha però fatto anche di peggio. Ha impresso il sigillo della massima istituzione della democrazia a una interpretazione del tutto errata della crisi iniziata nel 2007. Quella della vulgata che vede le sue cause nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale. In realtà le cause della crisi sono da ricercarsi nel sistema finanziario, cosa di cui nessuno dubitava sino agli inizi del 2010.
Da quel momento in poi ha avuto inizio l’operazione che un analista tedesco ha definito il più grande successo di relazioni pubbliche di tutti i tempi: la crisi nata dalle banche è stata mascherata da crisi del debito pubblico».
Così inizia un articolo dell’economista Luciano Gallino (“Sulla crisi pesano i debiti delle banche”) pubblicato su “Repubblica” del 30.luglio 2012. Dico subito che bisognerebbe che tutti facessimo lo sforzo di leggerlo per intero, perché –pur con la complessità del tema- fornisce degli strumenti di giudizio assolutamente chiarificanti.
La prima evidenza che balza agli occhi riguarda l’ordine di grandezza delle cifre: la ricchezza globale, il prodotto interno lordo dell’intero mondo nel 2011 era di 6, 3 trilioni di dollari, i derivati erano 60 trilioni di dollari, una cifra dieci volte più grande! Di essa circa 25 trilioni in Usa e altrettanti in cinque paesi europei: Francia, Germania, Italia, Olanda e Spagna (Per capire si deve vedere in cifre: 1 trilione si scrive 1.000.000.000.000.000.000).
«La finanza ombra è formata da varie entità che operano come banche senza esserlo. Molti sono fondi: monetari, speculativi, di investimento, immobiliari. Il maggior pilastro di essa sono però le società di scopo create dalle banche stesse, chiamate Veicoli di investimento strutturato (acronimo Siv) o Veicoli per scopi speciali (Spv) e simili. Il nome di veicoli è quanto mai appropriato, perché essi servono anzitutto a trasportare fuori bilancio i crediti concessi da una banca, in modo che essa possa immediatamente concederne altri per ricavarne un utile. Infatti, quando una banca concede un prestito, deve versare una quota a titolo di riserva alla banca centrale (la Bce per i paesi Ue). Accade però che se continua a concedere prestiti, ad un certo punto le mancano i capitali da versare come riserva. Ecco allora la grande trovata: i crediti vengono trasformati in un titolo commerciale, venduti in tale forma a un Siv creato dalla stessa banca, e tolti dal bilancio. Con ciò la banca può ricominciare a concedere prestiti, oltre a incassare subito l’ammontare dei prestiti concessi, invece di aspettare anni come avviene ad esempio con un mutuo». Con questo meccanismo le maggiori banche USA e UE hanno potuto concedere prestiti alle famiglie, agli Enti, alle imprese prestiti per trilioni di dollari e euro, che le loro disponibilità finanziarie reali non avrebbero mai potuto consentire, accumulando enormi utili ma anche creando enormi rischi per l’intero sistema finanziario.
I Veicoli finanziari, d’altro canto, hanno una consistenza patrimoniale irrisoria: già dal 2006 due economisti americani, G. B. Gorton e N. S. Souleles, segnalavano che “i Spv sono essenzialmente società robot che non hanno dipendenti, non prendono decisioni economiche di rilievo, né hanno una collocazione fisica”. Prosegue Gallino: “Uno dei casi esemplari citati nella letteratura sulla finanza ombra è il Rhineland Funding, un Spv creato dalla banca tedesca IKB, che nel 2007 aveva un capitale proprio di 500 (cinquecento) dollari e gestiva un portafoglio di crediti cartolarizzati di 13 miliardi di euro”. La crisi innescata dalla Finanza ombra risale al 2007; negli USA si è cominciato a studiarne le cause da allora. In Europa lo si fa da pochi mesi. Si sono persi cinque anni. “Nella sua genesi le banche europee hanno avuto un ruolo di primissimo piano a causa delle acrobazie finanziarie in cui si sono impegnate, emulando e in certi casi superando quelle americane. Ogni tanto qualche acrobata cade rovinosamente a terra; tra gli ultimi, come noto, vi sono state grandi banche spagnole. Frattanto in pochi mesi i governi europei hanno tagliato pensioni, salari, fondi per l’istruzione e la sanità, personale della PA, adducendo a motivo l’inaridimento dei bilanci pubblici. Che è reale, ma è dovuto principalmente ai 4 trilioni di euro spesi o impegnati nella Ue al fine di salvare gli enti finanziari: parola di José Manuel Barroso. Per contro, in tema di riforma del sistema finanziario essi si limitano a raccomandare, esaminare e riflettere. Tra l’errore della diagnosi, i rimedi peggiori del male e l’inanità della politica, l’uscita dalla crisi rimane lontana”. Mi sembra chiaro.
Luigi Totaro