Considero il dibattito che si è aperto fra i sindaci dell'Elba intorno alla semplificazione dell'assetto istituzionale dell'Isola un fatto di civiltà e maturità politica.
La proposta rilanciata dal sindaco di Campo di ridurre a tre i comuni, accorpandoli secondo la logica dei versanti, ha il pregio di collocarsi tempestivamente in un contesto, sulla scala regionale e nazionale, nel quale l'argomento è pienamente all'ordine del giorno. Ha il merito di svincolare il dibattito dal peso del referendum sul comune unico. E interpreta infine il bisogno, che per ragioni varie mi pare crescentemente e largamente avvertito nella comunità elbana, di arginare i limiti ormai quotidianamente evidenti, sotto il profilo gestionale e strategico, della frammentazione istituzionale di un territorio per sua natura fortemente omogeneo.
A nessuno, e men che meno a me, sfuggono le ragioni di lungo periodo degli orgogli municipalistici che hanno segnato la vicenda elbana. Di quelle storie e di quelle identità è necessario avere rispetto e rifuggire dall'iconoclastia ideologica dei gonfaloni. Così come è indispensabile muovere dal rispetto delle Amministrazioni in carica, che peraltro in queste ore hanno avuto il merito attraverso i sindaci, in modo ampiamente maggioritario, di stare nella discussione con apertura e disponibilità consapevole, ed evitando nei toni e nei contenuti l'approccio retorico e superficiale proprio di chi dice di sì sapendo che non se ne farà nulla.
Con il rispetto che i sindaci stessi sanno riservo al loro ruolo e alle comunità che rappresentano, e con il garbo che compete al mio ruolo istituzionale non voglio sottrarmi dal dare un contributo alla discussione. Penso anche io, e come noto non da ora, che il tema della riorganizzazione istituzionale del Paese verso una maggiore efficienza dei servizi e una contestuale riduzione dei costi della loro erogazione, verso una maggiore capacità di lettura strategica di ambiti territoriali omogenei, verso un maggiore peso della rappresentanza e della voce dei territori sfidi le classi dirigenti di questo tempo e ne possa qualificare la tensione riformista.
Certo il tema è semplificare il contesto istituzionale per renderlo più funzionale ai territori, senza immiserire appartenenze, tradizioni, e soprattutto la capillarità dei servizi. Non chiudere storie, ma consegnarle ad una nuova, solida, sostenibile nel lungo periodo. Sottrarre la qualità del governo locale ai rischi e alle vischiosità delle negoziazioni e degli equilibri complessi, ai veti, alle insidie dei personalismi. Si badi bene non mi riferisco specificamente all'Elba, si tratta di un problema che riguarda l'Italia ma che in un territorio circondato dal mare acquisisce un senso specifico. Ed è positivo che si immagini di giocare la partita senza atteggiamenti difensivi o passivi, ma con progettualità e proiezione costruttiva.
Il percorso di cui si parla in questi giorni passa attraverso una fase progettuale che valorizzi il ruolo democratico e funzionale dei luoghi nell'Elba del futuro; dal coinvolgimento delle comunità e dal pronunciamento delle assemblee elettive.
Qualora l'obiettivo sia chiaro e condiviso, le intenzioni nitide e generose la Regione Toscana non esiterà a mettere a disposizione gli incentivi finanziari previsti nelle norme e nel bilancio regionale per i nuovi comuni risultanti da fusioni.
E la comunità istituzionale e politica, le energie elbane che reclamano innovazione, semplificazione, modernità mi troveranno al loro fianco lungo la strada che separa le affermazioni dai fatti.
Gianni Anselmi
Consiglio Regionale della Toscana