Il referendum sulle riforme istituzionali per il Comitato nazionale del NO dovrebbe riportare tutto alla partenza cioè al prima.
Ma questo non è quello che vogliono -contrariamente a quel che scrive la Serracchiani- i molti critici disposti a votare no, se non ci sarà un seguito, una transizione (quasi) finita come recita il titolo del libro di Stefano Ceccanti. La raffigurazione della riforma che ne dà Dario Parrini, segretario del Pd toscano “cancellato, il Cnel, le province e un senato non retribuito”, a cui si dovrebbero aggiungere addirittura la chiusura dell’UNCEM, di Legautonomie, mentre ANPI e ARCI sono richiamate severamente all’ordine, cioè a non metterci becco, perché non cosa loro, non potrà che incoraggiare il no di chi non intende ritornare ai punti di partenza, ma molto più semplicemente e ragionevolmente ‘correggere’, rendere più efficace il suo impatto politico-istituzionale.
In un articolo su l’Unità Elisabetta Catelani dell’Università di Pisa scrive che quello della riforma è ‘un primo passo’ per la ‘creazione di una Camera rappresentativa delle autonomie territoriali, per avere un luogo istituzionale di definizione dei conflitti fra Stato e Regioni e limitare il contenzioso dinanzi alla Corte costituzionale’.
Certo, se come per Renzi e Boschi la penalizzazione delle regioni prevista dal Titolo V è considerata giusta e meritata ed è bene avere ripristinato la ‘supremazia’ dello stato sulle autonomie al punto che anche sulle competenze esclusive delle regioni lo stato può intervenire quando e come vuole, la riforma va bene. Ma se come in tanti favorevoli alla riforma questo aspetto con altri non lo condividono e voteranno no, perché non assumere precisi impegni affinché la partita abbia una sua ulteriore fase di transizione. Servirebbe alle riforme uscire malconci da un referendum che non può e non deve avere il carattere di una sfida anche all’interno del partito?
Marco Filippeschi, Sindaco di Pisa e Presidente nazionale di Legautonomie, come ha scritto su l’Unità, incontrerà in questi giorni i sindaci e l’ANCI a Roma; ecco una buona occasione (prima che Parrini gli chiuda bottega) perché il titolo V non resti quello attuale. Se non interessa ai sindaci…
Renzo Moschini