Contrariamente a quanto si è detto da alcuni commentatori “pessimisti cosmici“, secondo me il pregevole convegno organizzato da Il Tirreno e dalla Fondazione sulla semplificazione amministrativa all’Elba, ha dato utili indicazioni sia sulla situazione politica dell’isola, se ancora ce n’era bisogno dopo la tragicomica commedia del contributo di sbarco, sia sui perché del fallimento del referendum sul Comune Unico e su cosa può riservare il futuro.
Anzitutto è apparso a tutti chiaro che chi opera all’Elba, industriali come Paoletti, artigiani come Serini albergatori come De Ferrari, sindacati come Manuel Anselmi, la Locman come Mantovani, hanno tutti chiaramente indicato che l’unica soluzione è il Comune Unico. Tutte le altre strade, dai comuni di versante teorizzati anche dal consigliere regionale Anselmi su utopiche fusioni a ponente o a levante o l’Unione dei Comuni rievocata malauguratamente dal deputato PD Fanucci, visti i recenti esiti elbani, né tantomeno le evocate “carote” dei generosi contributi pluriennali statali e regionali e i “bastoni“ dei disincentivi presenti nella proposta di legge di Fanucci e nella risoluzione del gruppo PD in Regione per le fusioni dei comuni al di sotto della fatidica soglia dei 5 000 abitanti, provvedimenti palesemente e coralmente avversati da tutti gli intervenuti, tutte queste altre soluzioni non potranno risolvere il problema più rilevante che consiste nella programmazione unitaria dello sviluppo socio economico dell’Elba indirizzato e guidato da un unico Comune democraticamente eletto che possa confrontarsi con Regione, Governo e Unione europea con un'unica e rappresentativa voce di una rilevante realtà economico/turistica.
E’ vero che il popolo si è già espresso con un maggioritario rifiuto del Comune Unico ma al di là delle analisi più approfondite sul numero dei votanti rispetto agli aventi diritto e il gap fra firme raccolte per il referendum e i voti favorevoli, si deve considerare il forte condizionamento che i sindaci, specie nell’ultimo giorno di votazione, hanno esercitato sui concittadini, paventando la perdita dell’identità storico sociale del loro comune a favore di Portoferraio e della conseguente sparizione del sindaco-babbo della porta accanto, pronto ad intervenire per ogni necessità.
Ma potranno ancora essere evocate dai sindaci queste evenienze ora che non hanno più disponibilità di nessun genere per rispondere, dalla porta accanto, ai cittadini che chiedono meno tasse e servizi efficienti, dai trasporti alla sanità, alla scuola, all’assistenza sociale, all’ambiente, alla viabilità e soprattutto piani di sviluppo per rendere competitiva l’Elba sul mercato turistico diventato globalizzato e informatizzato e sempre più competitivo, specialmente ora che non ci sono più APT e Province?
Penso proprio di no e la vicenda della tassa di sbarco generosamente trasformata in contributo, (contributo a chi?) da tutti vituperata come prova di totale inefficienza e di inadeguatezza per la presenza di otto centrali decisionali, anche se qualche sindaco l’ha fatta passare non come leticata ma acceso dibattito, può segnare l’avvio di un’altra fase di maturazione dell’idea del Comune Unico di cui noi del Comitato saremo pronti a cogliere le possibilità, insieme a chi non si preoccupa di mantenere la poltroncina ma si batte per lo sviluppo socio economico dell’isola d’Elba per tornare a cavare dalle sue miniere, ora costituite dalle sue bellezze naturali, storiche, architettoniche, culturali quella ricchezza che l’Elba racchiude per i suoi isolani che sanno trovarla.
Per questo noi del vecchio Comitato del Comune Unico, mai pensionato, ringraziamo per questa occasione che la Fondazione e il Tirreno ci hanno fornito per far riflettere tutti gli Elbani di buona volontà sull’occasione persa da ritrovare, seppur con altre modalità.
Gabriele Orsini