Propongo un monumento, o quantomeno, una giornata celebrativa, a memoria della pazienza, della tolleranza e dello spirito di sopportazione della gente elbana.
Vorrei tanto sapere quale altra comunità al mondo, colpevole, per così dire, del solo fatto di vivere giorno per giorno le difficoltà oggettive e naturali insite nella condizione di insularità, dimostri la stessa capacità di sopportazione pressoché inerme, ove si escludano benemeriti Comitati civici spontanei o pur contrastate Conferenze dei Sindaci (rigidamente 8, per carità).
E’ proprio necessario richiamare alcuni esempi ?
Bene, si va dallo smembramento della Sanità (obiettivo primario in qualsiasi paese civile) a quello delle strutture tribunalizie (altra pietra miliare in uno stato di diritto); da una avventurosa mobilità territoriale (che coinvolge non solo il trasporto marittimo ma anche i connessi trasporti ferroviari e su gomma –insulari e continentali-) alla assenza di una sia pur minima strategia di sviluppo in grado di assicurare stabili prospettive occupazionali; dal dileggio verso la scuola (pur essendo la cultura uno dei fondamentali pilastri su cui si fonda la civiltà e la crescita di un popolo) agli scempi urbanistici che stanno sempre più trasformando l’Elba in una sorta di “museo degli orrori” architettonici ed archeologici (ne vorrei preparare una raccolta commentata...) ; da una incontrollata e selvaggia privatizzazione di risorse naturali (spiagge o sentieri che siano) alle occasioni speculative concesse –senza alcun controllo e senza alcuna tutela- ad imprenditori avventurieri da “toccata e fuga” , dove ovviamente la “toccata” si limita ai periodi turistici più redditizi e la “fuga” a tutti gli altri (basti pensare al caso Blu Navy ed al gestore dei servizi dell’area portuale di Marciana Marina...); dalla evidente incapacità di elaborare ed attuare strategie turistiche adeguate ai nuovi scenari globalizzati, ai ritardi degli aiuti per le calamità naturali; dalla pochezza della ricettività alberghiera generale, alla invasione sempre più infruttuosa delle seconde case, sfitte, invendibili e disabitate; dalla risibile “politica delle acque” (endogene – esogene) allo stato autolesionistico delle fognature e dei fossi.
Solo per non esasperare la pazienza del lettore, mi fermo qui : ma gli elbani sono, comunque, già degni di conquistare il primo posto del “Guinness dei primati” per questa contemporaneità e convivenza di situazioni !
Mi hanno sempre accusato di avere una cultura troppo “aziendalista”, ma quello elbano mi sembra proprio il caso in cui, come minimo, si evidenzia una drammatica assenza di unitarietà di indirizzo strategico e di governo, e, conseguentemente, di insufficiente “potere contrattuale” sia verso il mercato sia verso le istituzioni pubbliche di livello territorialmente superiore, Provincia e Regione.
E’ evidente che quest’ultima considerazione conduce immediatamente alla prospettiva del “Comune unico”, ma certamente non semplifica l’analisi.
Innanzitutto perché non può essere solo una “formula formale” a risolvere alcun tipo di problema, ma lo possono essere solo un vero e proprio “progetto operativo” e la conseguente organizzazione dei servizi partecipata dai cittadini.
Proprio questo, a mio parere, è uno dei perduranti punti deboli della posizione del “SI”, la mancanza di un progetto operativo condiviso, con il concreto rischio che, in questo modo, anche il prossimo referendum al riguardo si esaurisca e si impoverisca in un infruttuoso scontro ideologico, o peggio pregiudizialmente partitico, e non in un confronto di merito tra progetti sia pure diversi.
Ora, a favore del SI dovrebbe comunque giocare la ricerca di obbligatorie economie di scala, di risparmi gestionali, di maggior potere contrattuale e finanziario (basterebbe considerare, al proposito, al miglior “rating” che il Comune unico avrebbe rispetto ad 8 piccoli Comuni) e della già ricordata unità di strategie progettuali e di governo
Dalla parte del “NO”, invece, le considerazioni, diciamo, di merito fino ad oggi pubblicizzate fanno inorridire: eppure, forse, con un po’ di sforzo, qualche ragione potrebbe anche venire fuori.
Ove si voglia escludere la non dichiarata (ma temo presente) volontà di poter più facilmente perpetuare una gestione clientelare e spesso padronale del potere, sorprende quello che i fautori del NO candidamente dichiarano sulla stampa, andando dal desiderio di non volere, ad esempio, Marciana Marina diventare periferia di Portoferraio, alla preoccupazione della ripetitività delle denominazioni stradali; dalla perdita del presidio territoriale alla distruzione delle usanze e delle tradizioni locali (come se oggi fossero così tanto valorizzate ! e, poi, cosa ne penserebbero i rioni di Roma o le contrade di Siena ?) ; dalla assenza dell’alacre lavoro di così tanti Sindaci e assessori, alla impossibilità di “disseminare” posti di lavoro.
Così continuando, non vorrei trovarmi a proporre un ulteriore monumento all’autolesionismo della classe politica elbana !
Paolo Di Pirro
Caro Paolo
mi permetto di suggerire con un'immagine (quella che ho posto a commento dell'articolo) una "idea monumentale" commisurata, credo alla necessità. Due gigantesche palle da realizzarsi ovviamente in materiale lapideo originale (per carità non in granito cinese per risparmiare) a testimonianza per le future generazioni del martirio genitale che abbiamo dovuto sopportare (e non è ancor finita) in questi anni.
sr