Con la sentenza depositata il 27 settembre, il Tar della Toscana ha accolto in una parte sostanziale un ricorso presentato nel 2008 contro il Comune di Rio Marina, la Regione Toscana, la Provincia di Livorno e l’Immobiliare Capo d'Arco per l'annullamento della delibera (bipartisan) del Consiglio comunale di Rio Marina n. 30 dell’1 agosto 2008 di approvazione di un piano particolareggiato di iniziativa pubblica che, come denunciato più volte da Legambiente Arcipelago Toscano, non era nient’altro che un piano privato approvato nel 2002 e annullato in autotutela dallo stesso Comune di Rio Marina nel febbraio 2005.
La questione fu portata all’attenzione pubblica nazionale nel luglio 2005 da un blitz di Goletta Verde per denunciare gli abusi sulla scogliera di Capodarco e il nuovo tentativo di cementificazione. L’allora sindaco di Rio Marina Francesco Bosi, ex senatore e sottosegretario alla Difesa del governo Berlusconi e attualmente deputato Udc, disse: «Legambiente dovrebbe andare a vigilare su altri problemi, ormai Capo D’Arco, per Legambiente, sta diventando una vera fissazione. All’esame del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano abbiamo in corso l’approvazione del piano particolarizzato dove si prevede un progetto residenziale e servizi come richiede di norma il Piano regolatore. Noi siamo in regola».
Alla luce della sentenza del Tar l’onorevole Bosi è stato un pessimo profeta ed ha fatto molto male a non tener conto delle denunce e delle richieste di Legambiente. Infatti, la il Tar respinge alcune censure presentate dal ricorso, ma non la più importante: per il nuovo Piano particolareggiato “pubblico”, diviso in 7 comparti, il Comune di Rio Marina ha chiesto il nulla osta al Parco nazionale arcipelago toscano per il comparto G del comprensorio Capo d'Arco, compreso nel perimetro dell’area protetta, per costruire 1.000 mc3 di cemento sulla scogliera da destinare al servizio delle strutture esistenti (frutto in gran parte di abusi accertati dalla Capitaneria di Porto di Portoferraio nel dicembre 2002). Il Parco Nazionale, anche dopo una forte campagna di denuncia pubblica da parte di Legambiente, aveva espresso parere contrario con una delibera commissariale dell’ottobre 2006 perché la realizzazione degli interventi previsti «Avrebbe sicure ripercussioni negative sull'ambiente circostante… oggetto di particolare tutela».
Furbescamente il Comune, preso atto che «Per effetto dell’accoglimento del parere prescrittivo dell'Ente Parco Arcipelago Toscano, nel Comparto "G" non è ammessa e edificabilità"», disponeva semplicemente lo stralcio degli interventi nel comparto G dal piano particolareggiato “pubblico”.
Su questo punto il Tar ha ritenuto fondato il ricorso per «Violazione della disciplina dettata dallo strumento urbanistico generale (prima il PRG, poi il piano strutturale) per l’UTOE Capo d'Arco, nonché di contraddittorietà dell'azione amministrativa» e sottolinea: «In particolare, l'eliminazione della previsione relativa alla costruzione di 1.000 mc. con destinazione a servizi turistico-balneari, unita alla prevista edificazione di nuove unità resistenziali determina inevitabilmente effetti negativi sulla dotazione di servizi, con conseguenze pregiudizievoli per i proprietari degli immobili già esistenti», precisando che «Né si può sostenere che tali censure sono inammissibili perché non è stato impugnato il parere negativo e vincolante dell'Ente Parco; la ricorrente, infatti, non si lamenta di quel parere, bensì del fatto che il Comune resistente si sia conformato ad esso limitandosi a stralciare dal piano approvato il comparto G, così pregiudicando l'unitarietà dell’UTOE e violando la disciplina urbanistica sovraordinata».
Infatti l’articolo 29 delle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore prevedeva per Capo d’Arco la predisposizione di un unico Piano particolareggiato per assicurare «Omogeneità tra l'esistente e i nuovi insediamenti previsti» e dare «Nel rispetto dei valori ambientali e dei vincoli esistenti derivanti dalla precedente iniziativa privata… una omogenea risposta progettuale consona ai luoghi». Il Tar sottolinea che «La necessità di un intervento complessivo e unitario trova conferma nell’art. 22.1 del piano strutturale, secondo cui "Capo d'Arco necessita di acquisire una dignità di insieme attraverso una serie di interventi sistematici…"; e ciò si riflette sulla previsione secondo cui il regolamento urbanistico doveva "prevedere la redazione e approvazione di un piano attuativo convenzionato, di iniziativa pubblica e/o privata, esteso a tutta l’U.T.O.E.… "». Quindi «Lo stralcio di uno dei sette comparti e la conseguente eliminazione della volumetria ivi prevista e destinata a servizi di uso collettivo confligge con le previsioni urbanistiche generali del Comune di Rio Marina, che univocamente prescrivono l'approvazione di uno strumento attuativo che ricomprenda l'intera estensione del territorio ricompreso nel perimetro del comprensorio in questione. Ciò determina un vuoto nella pianificazione e uno squilibrio nel disegno complessivo, in contrasto con la riconosciuta esigenza di garantire "una omogenea risposta progettuale consona ai luoghi" che consenta a Capo d'Arco "di acquisire una dignità di insieme"; e contrasta anche con la scelta operata dallo stesso Comune allorché, con deliberazione C.C. n. 12/2005, ha annullato in autotutela il P.P. di iniziativa privata precedentemente approvato, proprio perché non conforme alle previsioni del PRG secondo cui lo strumento attuativo doveva essere esteso all'intera sottozona D8». Esattamente quello che ha sempre detto Legambiente.
Il Tar inoltre evidenzia che «Non basta per legittimare l'operato dell'Amministrazione la circostanza che la previsione edificatoria relativa al comparto G non abbia ottenuto il "via libera" dell'Ente Parco nazionale arcipelago toscano; lo stop imposto dal predetto Ente non comportava necessariamente lo stralcio del comparto in questione, ma solo l'osservanza puntuale delle indicazioni contenute nel parere negativo espresso e, semmai, un generale ripensamento del piano particolareggiato, volto ad assicurare l'equilibrio complessivo delle previsioni e il rispetto di quanto stabilito dalla disciplina urbanistica generale. Il secondo motivo di impugnazione risulta dunque fondato e tanto basta per determinare l'accoglimento del ricorso e l'annullamento del piano particolareggiato approvato».
Quindi, «In relazione a quanto sopra il ricorso va accolto e conseguentemente va annullata la deliberazione del Consiglio comunale di Rio Marina n. 30 dell’1 agosto 2008» e il Tar condanna il Comune di Rio Marina e l’Immobiliare Capo d'Arco al pagamento di 3,000 euro di spese di causa in favore della parte ricorrente, oltre agli accessori di legge.
Legambiente Circolo dell'Arcipelago Toscano