Circa tre anni fa, quando venne proposta la “settimana corta” per gli alunni della locale scuola media, rivolsi alla dirigente di allora, la carissima e compianta Paola Berti, la lettera che vi trasmetto con preghiera di pubblicazione. Paola mi volle ricevere in Presidenza e allora ci confrontammo e lei condivise i miei punti di vista, aggiungendo altre sue preoccupazioni, relativamente, ad esempio, al disagio dei ragazzi che abitano in zone lontane dalla scuola, al tipo e ai tempi della alimentazione dei ragazzi, alla loro difficoltà di frequentare l'indirizzo musicale.
Io sono nonna di due alunni che frequenteranno rispettivamente la seconda e la terza media e che hanno iniziato un percorso scolastico con un tipo di offerta formativa che ora viene arbitrariamente modificata. Se proprio il Consiglio di Istituto ambisce a introdurre questa novità, lo faccia in una prima classe a titolo sperimentale, senza produrre un generale terremoto scolastico, con una riforma che, a quanto si dice, è stata approvata in presenza di risicata maggioranza (quasi la metà dei consiglieri era assente) e senza fornire una chiara ed esauriente informazione ai genitori degli alunni, ma solo superficialmente proposta e imposta.
Come ex-insegnante che ha sempre a cuore le sorti della scuola, come nonna, come cittadina, mi permetto di esprimere il mio punto di vista e anche di farmi parziale portavoce di un diffuso dissenso.
Ringrazio dell'attenzione,
Prof. Licia Baldi
Carissima Paola,
Ti scrivo con tutta semplicità per esprimerti il mio sconcerto nell'apprendere che nell'Istituto da te diretto si profila per il prossimo anno la “settimana corta” per i ragazzi della scuola media. E lo faccio con grande rispetto nei tuoi riguardi e con fiducia che leggerai questa mia lettera.
La mia esperienza di oltre quarant'anni di insegnamento (come credo la tua e quella di chiunque abbia insegnato ai ragazzi) mi rende certa del fatto che gli alunni già alla quarta ora e più alla quinta sono assai stanchi e la loro capacità di concentrazione si attenua. E si pensa di costringerli ad una sesta ora? Ma come si può progettare questo orario, in particolare per dei ragazzini dagli undici ai quattordici anni? Si crede ancora nel diritto allo studio, che non consiste solo nell'espletare solo le trenta ore stabilite per legge, ma nel renderle tutte efficaci e formative?
Io spero che gli insegnati non sottovalutino il loro alto compito di educatori e credano ancora che la cultura sia fondamentale nella crescita dei bambini e dei ragazzi e non la si debba posporre ad altri svariati interessi.
Quali sono poi questi interessi? Il “fine settimana” in famiglia? Se comincia alle tredici fa tanta differenza? E se si tratta di famiglia forse che cinque pasti fuori orario (alle 14,30 ed oltre) favoriscano il dialogo con i genitori e gli eventuali fratelli?
Lo sport: credo che siano una minoranza i ragazzi che partono nella tarda mattinata del sabato e, se c'è una documentazione adeguata, potranno essere autorizzati ad uscire alle 11 o alle 12. Ma rivoluzionare la scuola per ossequio alle società sportive mi sembra davvero eccessivo. So peraltro che spesso gli allenamenti sportivi infrasettimanali si svolgono nel primo pomeriggio e con l'orario di sei ore sarebbe problematico per un ragazzo parteciparvi. Quindi, come si si vede, ogni medaglia ha due facce: tutto sta puntare sulla faccia giusta e vincente.
Io ritengo con convinzione che sia quella di anteporre ad ogni altra considerazione il buon funzionamento didattico e con altrettanta certezza ritengo la “settimana corta” alla scuola media antididattica.
E i ragazzi che frequentano il corso musicale? Vanno a casa alle 14 per rientrare alle 15? E lo studio personale?
Vorrei anche sottolineare che nel biennio del liceo, dove negli ultimi anni l'orario è di sei ore per due giorni la settimana, i ragazzi (e sono più grandi) vivono con molta fatica e scarsi risultati l'ultima ora di lezione e ne avvertono il peso. E si tratta di due giorni soltanto.
Facciamo tesoro anche di questa esperienza.
In conclusione, se al centro dell'attenzione e della discussione del Consiglio di Istituto ci sono davvero i ragazzi, la loro crescita, il loro benessere ed equilibrio, che si decida davvero con consapevolezza per loro. E, se veramente si vogliono aiutare a vivere serenamente il “fine-settimana”, alleggeriamo o, quando è possibile, eliminiamo i compiti a casa per il lunedì... e rendiamo la scuola appetibile e non un dovere di cui scaricarsi il più presto possibile.
In questa nostra società, dove alla cultura è sempre più assegnato il ruolo di Cenerentola (basti pensare ai tagli del ministero competente), con i devastanti risultati di cui siamo testimoni, alla scuola spetta il compito di salvaguardia dell'istruzione e della cultura anche a costo di andare, sa pure con buon senso, contro corrente.
Con affetto, simpatia e stima ti abbraccio e ti auguro buon lavoro,
Licia Baldi