Era la notte fra il 14 ed 15 gennaio 1968 quando si ebbero le prime scosse del terremoto della Valle del Belice. Gibellina, Salaparuta, Poggioreale crollarono. Morirono centinaia di persone. Poi il Friuli, l’Irpinia, Assisi, il Molise, la Val Nerina, l’Aquila, Modena.
In questi cinquanta anni le conoscenze sulle cause dei sismi e l’individuazione delle zone a maggiore rischio si é enormemente allargata. Le esaltazioni di “medievali” segni premonitori di gatti e galline si sonolentamente attenuate, così come le aleatorie previsioni parascientifiche. La consapevolezza nella opinione pubblica e nei decisori politici che, stante le attuali conoscenze, non possiamo prevedere il sorgere di un terremoto e la sua evoluzione, tende ad essere interiorizzata. Le tecniche per costruire e mettere un sicurezza sismica gli edifici si incrementano di giorno in giorno, ed i disastri, dolosi o colposi, causati da opere mal fatte, e mal controllate, sono sotto gli occhi di tutti.
Ora dobbiamo fare, con coraggio e rigore, quello che da almeno una ventina di anni, all’indomani di un terremoto viene sempre detto: ogni edificio pubblico del nostro Paese, ogni monumento, ogni casa deve essere munita di un certificato in cui sono riportati i gradi di rischio sismico ed idrogeologico, sulla base delle caratteristiche edilizie e delle caratteristiche geologiche dei terreni sui quali è stato edificato. Quindi deve essere approntato un piano pluriennale in grado di intervenire per mettere in sicurezza gli edifici. Possiamo prevedere un piano ventennale per una spesa annua di quattro- cinque miliardi di euro.
In California, in Giappone, e recentemente a Istanbul, un piano del genere, che prevede finanziamenti pubblici e privati è già in funzione. Dobbiamo incrementare i fondi per disporre, almeno nelle zone a maggiore rischio sismico (1 e 2) di carte geologiche di dettaglio in grado di definire a piccola scala le litologie e le fratture dei terreni. E’ inconcepibile che siano bloccati i fondi per dotare il nostro Paese di una adeguata e moderna Carta Geologica.
In Italia è stato stimato che da una cinquantina di anni si spendono attorno a quattro miliardi di euro/anno per la ricostruzione delle case, delle fabbriche, delle strade e dei ponti, delle chiese e dei monumenti colpiti da eventi sismici e/o dissesti idrogeologici: il nostro tessuto civile, sociale, economico e culturale. Sono migliaia le donne, gli uomini, i ragazzi, i bambini scomparsi. L’Italia non può attendere oltre, se vogliamo tentare veramente di non piangere ancora vedendo quelle masse di macerie seppellire tante vite e tante speranze.
Beppe Tanelli