Per iniziativa degli amici Alessi e Pintore si costituirà a breve un Comitato per il NO alla riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum popolare il 4 dicembre.
Ho letto il comunicato e devo dire, con franchezza, che mi hanno colpito le parole usate dai due promotori del Comitato per denunciare i pericoli che correrebbe il nostro sistema democratico qualora dovesse vincere il SI’. La riforma rappresenta, a loro dire, “un vero e proprio scempio della nostra Costituzione” e, quindi, se dovesse essere approvata, ma Dio ce ne scampi e liberi, “aprirebbe le porte al rischio di un sistema autoritario“. E allora “dire No è un dovere civico e morale per chiunque abbia a cuore la libertà e la democrazia (sic!) così come la concepirono i nostri Costituenti …….”. Parole che fanno tremare i polsi!
Per fortuna che a farci stare tranquilli sono quegli stessi eminenti studiosi del diritto che, alcuni mesi fa, hanno lanciato un appello a favore del NO (mentre studiosi, altrettanto eminenti e in maggior numero, si sono pronunciati per il SI’) e che, nel loro manifesto, hanno tenuto a precisare di non appartenere alla schiera di quanti “indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo”.
Personalmente ritengo che il Parlamento abbia approvato una buona riforma. Certamente non perfetta. E’ difficile, anzi credo impossibile, che una modifica della Costituzione, che inevitabilmente è frutto di compromessi e concessioni, risulti alla fine perfetta. Non lo fu neppure la nostra Costituzione per quanto riguarda, ad esempio, i poteri attribuiti alla Camera e al Senato. La sinistra, in particolare il PCI, proponeva l’istituzione della sola Camera dei deputati. La Democrazia cristiana, invece, voleva anche un Senato rappresentativo delle categorie economiche, sociali e culturali a cui attribuire una funzione di controllo sulla attività della Camera. Altre forze politiche, infine, proponevano che il Senato desse voce e rappresentanza alle Regioni.
Infine l’accordo fu trovato, con un compromesso “al ribasso”: alle due Assemblee parlamentari vennero riconosciuti i medesimi poteri (concedere o ritirare la fiducia al Governo e approvare le leggi). Costantino Mortati, grande studioso del diritto pubblico e costituzionale, non ha avuto esitazione a definire il Senato, come voluto alla fine dai Padri costituenti, “inutile doppione” della Camera. E quanto sia un inutile doppione ce lo dimostra la storia parlamentare, la storia di disegni di legge che sono diventati legge dello Stato dopo anni dalla loro presentazione. Un solo esempio: il disegno di legge che prevede misure di sostegno per i piccoli Comuni, per quanto votato ben 3 volte dalla Camera dei deputati (nel 2003, nel 2007 e nel 2011) non ha mai “visto la luce” come legge per il semplice motivo che il Senato, o per fine naturale o per interruzione anticipata della legislatura, non è mai riuscito ad approvarlo.
E’ notizia di ieri che i Deputati l’hanno riapprovato per la quarta volta! Tutti sperano che entro il 2017 anche il Senato faccia velocemente la sua parte. E speriamo che la faccia senza apportare una sia pur minima modifica al testo licenziato dai Deputati, altrimenti dovrà ritornare alla Camera. Andrà tutto a buon fine prima che si concluda anche questa legislatura? Visti i precedenti, ho molti dubbi.
Mi fermo qui, per ora. Ci sarà il tempo per un confronto sui vari aspetti della riforma in occasione delle iniziative che verranno promosse dal Comitato per il NO di Alessi e Pintore (e dall’altro Comitato organizzato dalla destra con a capo Ruggero Barbetti). Un confronto che mi auguro possa essere sereno, scevro da toni catastrofici e quarantotteschi e dal quale mi aspetto non solo critiche alla riforma varata dal Parlamento, ma anche l’indicazione di chiare proposte alternative, che riescano almeno a convincermi della giustezza di alcune di quelle critiche.
Giovanni Fratini