Dopo tre anni e mezzo ho accettato di ricoprire nuovamente l’incarico di Presidente della Conferenza dei Sindaci in ambito sanitario, anche se con riserva. Prima volevo capire se vi erano le condizioni per un recupero e quindi se il mio incarico poteva essere concretamente utile al territorio. Le analisi di queste poche settimane confermano quello che percepivo: la sanità elbana è in una sorta di caduta libera, che riguarda sia il presidio ospedaliero che le strutture territoriali, peraltro mai decollate.
Un anno fa eravamo a Firenze, con l’Assessore Scaramuccia, a discutere delle possibili soluzioni in grado di invertire la decadenza dei servizi sanitari. Ne uscimmo con un accordo che, salvo alcuni punti, è stato per larga parte disatteso. La struttura complessa di medicina (sette medici oltre al primario) non si è concretizzata, la selezione di tre ortopedici da stabilizzare sul territorio, mediante concorso, non è stata portata in fondo, gli anestesisti non sono ancora in numero sufficiente e non si è concretizzato un servizio di guardia attiva h/24 ore. Le condizioni della radiologia, anche a livello di numero di medici in servizio, sono a dir poco critiche, mentre non vi è stato alcun potenziamento della risposta cardiologica nella gestione delle emergenze. Le attività riabilitative non hanno avuto alcun miglioramento e potenziamento e la RSA è rimasta a 30 posti. Con qualche passo in avanti nell’assistenza domiciliare e con l’ospedale di comunità, a fronte di questo generale collasso, non si va molto lontano, purtroppo.
Su questo quadro critico si inseriscono le ultime decisioni e volontà dell’Azienda riguardo alla chirurgia. In questo caso l’accordo raggiunto con l’assessorato regionale prevedeva il mantenimento di sette medici, compreso il primario ed un forte percorso di riqualificazione e formazione, per migliorare le performance della struttura operativa. Quello che sta avanzando, in realtà, è lo smantellamento della stessa.
I nostri pazienti chirurgici sostanzialmente già ora vanno fuori Elba per gli interventi complessi o le emergenze. Fra poco perderemo anche la chirurgia programmata e cominceranno i viaggi a Cecina o in altri presidi. A Portoferraio si farà chirurgia ambulatoriale, o poco più.
Quello che sta avanzando è inaccettabile. Prima di tutto dal punto di vista del metodo: la programmazione è una competenza della Conferenza dei Sindaci e quindi non si può procedere per “strappi”. Poi dal punto di vista sostanziale. La quasi del tutto mancata realizzazione degli accordi fiorentini ed i nuovi tagli prefigurano un presidio ospedaliero che non sarà più tale: senza una chirurgia vera non c’è più un ospedale.
Vengo da una cultura politica che ha fatto dei diritti sociali il motivo stesso della sua esistenza. Persino il mio privato mi ha confermato l’importanza di questi diritti: sono figlio di un operaio, ho potuto studiare e laurearmi solo perché esistevano una scuola ed un’università pubblica, mi sono curato grazie al servizio sanitario nazionale. Da sindaco ho tagliato moltissime componenti della spesa storica comunale, ma quella sociale, negli ultimi otto anni, è cresciuta del 70%. Da elbano conosco bene il mare, il suo fascino, ma anche la sua pericolosità, la ricchezza che ci porta e l’isolamento che ci consegna.
Se non si recupererà lo smantellamento di questi anni ed anzi si taglieranno ulteriormente i servizi, non potrò che difendere gli interessi dei miei concittadini con ogni mezzo democratico a disposizione. Mi hanno eletto soprattutto per questo: difendere i diritti della comunità.
Se l’incontro con l’assessore regionale Marroni e l’Azienda, previsto per il 31 ottobre, anziché gettare le basi per un piano attuativo locale di rilancio dei servizi, da costruire coi cittadini, confermerà la volontà di continuare con i tagli e la sostanziale perdita della chirurgia, per protesta farò il gesto per me più doloroso: riconsegnerò, non simbolicamente, la fascia di sindaco. Invito gli altri colleghi a comportamenti coerenti.
Sono ben consapevole di quale sia la durezza del momento storico che stiamo vivendo, ma esiste un terreno, quello della parità dei diritti e dell’uguaglianza sostanziale, sancito dall’art. 3 della Costituzione, rispetto al quale non si può arretrare, soprattutto a difesa dei più deboli. E chi vive su un’isola, è debole tra i deboli.
Roberto Peria - Sindaco