PERCHÈ VOTO NO
Il mio NO al referendum non ha lo scopo di liberare la scena politica dall'ingombrante figura di Matteo Renzi. Saranno poi le elezioni del 2018a decidere se farlo scendere dal palcoscenico, allorché dovrà fare i conti con i palesi fallimenti del Jobs Act e della Buona Scuola, del crescente e costante aumento del debito pubblico, delle elemosine pre-elettorali, della stagnazione del PIL, della patetica riproposta in stile berlusconiano del Ponte sullo Stretto, del fallimento del sogno del Partito della Nazione e della sua politica economica e sociale imperniata sulla quotidiana e irritante richiesta di flessibilità, che altro non vuol dire se non accrescimento del debito (tanto poi qualcuno pagherà!) pur che lui possa continuare a proclamare che i soldi ci sono e che “l'Italia è ripartita”.
Ma in questo caso forse allude ai 105.000 giovani italiani laureati o diplomati, che nel 2015 si sono trasferiti all'estero in cerca di lavoro.
Il mio NO e quello di tanti altri che non hanno niente a che vedere con quelli di Salvini, di Forza Italia, Grillini e compagnia cantante, dovrebbe essere per lui ancora più urticante perché ha una motivazione più profonda e deriva dal fatto che ad un altro Italicum e ad un'altra riforma avremo potuto rispondere diversamente.
Ho spesso letto, con orgoglio, la nostra Costituzione universalmente definita come la più bella del mondo (commuovendomi anche nel sentirla recitare da Benigni telesivamente in sella ad un cavallo bianco, sventolando il tricolore) ed ora non ho solo il timore, ma quasi la certezza che senza il NO stia per essere violentata.
L'abolizione del Senato, ridotto a un meeting vacanziero a Roma di Sindaci, assessori regionali e via discorrendo, senza alcun potere ma con la garanzia immunitaria per ogni eventuale “marachella”, sarebbe già una grave mutilazione al principio del bicameralismo perfetto voluto dai nostri Padri Costituzionali e votato da tutto l'arco democratico, dai democristiani ai comunisti, con la controfirma della penna intinta nel sangue dai partigiani.
Ma si sta facendo di peggio. La riforma della Costituzione con una sola camera a decidere, pur rappresentando una mutilazione, potrebbe avere una sua giustificazione alla luce dell'ingovernabilità del Paese per gli sconvolgimenti socio-politici in atto, ma è il concetto di democrazia a soffrirne.
Ho letto recentemente un giudizio di Eugenio Scalfari sulla normalità che la democrazia (governo del popolo) si trasformi in oligarchia (governo di pochi) poiché tanti sono i votanti e molti meno gli eletti. Il ragionamento non farebbe una piega se questi fossero direttamente scelti dal popolo con un sistema di preferenze in Collegi molto piccoli e in una lista dove puoi scegliere chi vuoi, perché un giorno o l'altro avresti l'opportunità di prenderlo per il bavero davanti al bar, rinfacciandogli di aver tradito la tua fiducia.
Se invece il tuo voto va di diritto al capolista già scelto da chi vuole e può, allora l'oligarchia diventa praticamente una monarchia, con un sovrano ed una schiera di cortigiani che sono maggioranza e decidono ciò che lui vuole.
Non temo che questo sia il caso di Renzi (anche se la schiera di cortigiani l'avrebbe già pronta da un bel pezzo) che non mi pare abbia la la statura e il carisma dello statista, anche se ne ha l'arroganza e la spregiudicatezza, temo invece che la strada da lui tracciata, con il mefitico intreccio Italicum/Riforma costituzionale possa, prima o dopo, essere percorsa da qualcuno ancora più abile e spregiudicato di lui.
Provi a fare tutto ciò che vuole e che può da qui al 2018, allorché dovrà rispondere agli italiani dei risultati del suo governo, ma togliamo dalle mani Italicum e Costituzione a lui e ai suoi successori. Per questo voterò NO.
Valberto Miliani
Portavoce del Comitato Elbano per il NO alla Riforma Costituzionale
Iscritto all'A.N.P.I.