Mentre sulle spalle del Referendum si sta caricando di tutto e di più, dalla risposta al voto americano alla Banca Etruria, l’ambiente non sembra interessare nessuno specie tra chi considera il voto del 4 dicembre quasi la fine del mondo.
Eppure è innegabile, che a partire dalla Toscana, le rogne ambientali non mancano. Da poco si è ricordato l’anniversario dell’alluvione di Firenze e come si è visto di problemi ne restano -e non solo per l’Arno- ma tutto si è fermato al ricordo degli angeli del fango.
Intanto questioni niente affatto nuove tornano alla ribalta anche via Magistratura, dopo avere giocato un ruolo determinante in alcune recenti elezioni, mentre lo stanno assumendo ora in alcune città prossime al voto. Anche la Città Metropolitana di Firenze non ne esce bene. Né va meglio per le cave delle Apuane dopo le recenti decisioni romane.
Tutta roba che anche alla Leopolda non sembra avere interessato qualcuno.
D’altronde si era detto che con il nuovo Titolo V che punisce le Regioni per i suoi sprechi e le sue inadempienze e premia la supremazia dello Stato, tutto sarebbe ripartito alla grande in barba alla ‘leale collaborazione’ costituzionale e istituzionale.
Tanto più che qui, e non solo per la Toscana, non ci si può rifarsela con le leggi che si aspettano da decenni. Sul suolo è operante da molti una delle leggi più stagionate e azzeccate ambientali, molto apprezzate anche sul piano internazionale. Solo che da alcuni anni i bacini idrogeologici sulla base di direttive comunitarie avrebbero dovuto diventare distretti, ma il tutto finito con la protezione civile nella mani di Bertolaso e soci e tutto è sparito dalla circolazione. In più d’un caso non si è riusciti, infatti, neppure ad utilizzare le risorse soprattutto comunitarie disponibili, mentre il consumo del suolo e i disastri ambientali continuano.
Di tutto questo è difficile, anzi quasi sempre impossibile, trovare traccia nella campagna referendaria e anche sull’Unità.
E siccome non vogliamo farci mancare niente nei giorni scorsi al Senato, relatore del Pd, abbiamo approvato una legge per modificare quella approvata 25 anni fa sui parchi che toglie alle regioni qualsiasi competenza nella gestione delle aree protette marine, che era stata riconosciuta nella legge sul mare precedente alla 394, a cui fino all’ultimo si era opposto il ministro della Marina Mercantile Calogero Mannino. D’altronde basta vedere come lo Stato gestisce già il santuario dei cetacei quello di Schettino. Ma anche su questo l’Unità tace alla grande ma tanto basta un SI…
Prima del 4 dicembre si potrebbe discuterne senza scomuniche e sberleffi?
Renzo Moschini