Questa mattina a Portoferraio c’erano tutti e tutti erano lì per ottimi motivi, chi era lì per rivalsa politica, cioè vedere un sindaco eletto in base a mandati precisi che dava le dimissioni per non poter mantenere promesse, in crisi col suo stesso partito, chi per la speranza che il gesto delle dimissioni sbloccasse la situazione, chi per il puro di cinismo di aver confermata la sua invidia, provata al momento dell’elezione a primo cittadino: “Vedi, sei un pallone gonfiato, sei un imbroglione, hai promesso e non mantenuto, sei proprio come noi, come me”. Tutte motivazioni a loro modo valide. Io di motivazioni non ne avevo e non ne ho. Ero lì per caso, di passaggio, e della sanità elbana, detto fra noi, mi interessava molto relativamente. Però ho visto cose e persone interessanti. Ho visto il giovane giornalista, due cellulari alla mano, che cercava di fare il suo faticoso mestiere , i due o tre chiacchieroni dell’opposizione dura venuti lì per assistere ad una caduta, alcune donne e poi i vecchi “malvissuti”. Fannulloni perdigiorno fin dalla più tenera età. A un certo punto l’opposizione ufficiale ha chiesto una pausa: dopodiché il portavoce degli oppositori, una opposizione dura nel tempo, ha chiesto la parola e ha detto che l’ospedale va salvaguardato, che è solidale con la giunta progressista che governa onorevolmente Portoferraio. Ha detto che l’ospedale è male organizzato, che non ha potuto salutare degnamente il padre morto pochi giorni prima perché la porta dell’obitorio era bloccata, perché l’ascensore sono anni che non funziona mancando 50 mila euro per la riparazione. E’ tutto vero: nonostante una buona amministrazione molte cose non funzionano per mancanza di fondi. Ma allora, viene la domanda, noi cittadini le tasse cosa le paghiamo a fare? Perché tutti questi sacrifici? Poi, appena entrato, sentiti tutti i discorsi, mi sono ricordato di aver visto un uomo anziano, vestito da operaio-pensionato, in atteggiamento triste, con le mani in tasca e la bocca storta. Diceva: “Possibile che i nostri, il nostro sindaco, che abbiamo eletto, dopo aver conquistato con le nostre lotte la democrazia, ora debba mollare, al limite perché i nostri compagni non capiscono quello per cui abbiamo tanto sofferto, noi vecchi, e lottato ?” Volevo fargli coraggio, anch’io sono ormai vecchio e in politica le ho visto tutte, ma lui se n’è andato. Però vi dico l’ultima cosa che ho visto: lì c’erano tutti, proprio tutti, rossi, verdi, neri, grillini e persone malvagie e deluse dalla vita, politicanti e cretini. In loro ho visto però una delle ultime cose che, nel mio cinismo, avrei pensato di non vedere e cioè una comunità, solida anche se difforme per idealità di vita, ma unita per difendere l’unico diritto che c’è rimasto, cioè quello di vivere, anzi di sopravvivere. Non è vero che noi italiani sulle cose serie, come la nostra vita fisica e anche su qualche idea di base, la casa, l’ambiente, il futuro dei nostri figli, siamo siano una banda di individualisti,che siamo distratti, inconcludenti. Noi siamo lavoratori, risparmiatori. Siamo come le persone di Portoferraio, oggi, una comunità. E non è vera la favola dell’antipolitica: quello che si pone al di fuori della politica è solo demagogia, opportunismo, spazzatura della storia. La politica è fare le cose per il bene della Comunità e di conseguenza per se stessi e per i propri figli, per il futuro. Lavorare va bene, umiliarsi va bene, chiedere col cappello in mano quel che è un diritto fondamentale va bene ma non avere il diritto alla sanità, alla sopravvivenza fisica, no. E per quanto riguarda l’elisoccorso: se mi sento male voglio morire in ospedale e non sull’elicottero Pegaso. Voglio morire in ospedale o a casa mia. L’ospedale non si tocca. “Sennò- come dice qualcuno, smettiamo di pagare le tasse e succeda quel che succeda!”.
Bene il sindaco, bravi tutti gli altri (anche quelli cretini e cattivi)
S.M.
L’inviato non invitato