Leggo sulla stampa vari interventi sui cosiddetti “laghetti rossi”, il primo di Legambiente Arcipelago e più recentemente dell’amico Franco Cambi – Elbareport di venerdì scorso – e, francamente, non capisco come la richiesta di confronto con l’Amministrazione non sia stata rivolta in fase di raccolta delle relative informazioni e documenti.
Questa operazione avrebbe evitato agli autori imprecisioni e grossolani errori sulle caratteristiche dell’intervento.
Franco, poi, che è membro del Comitato Scientifico del Parco Minerario, aveva le notizie a portata di mano….
La ragione è semplice: si vuole dare enfasi allarmistica, legittimata da un approccio preconcetto sull’ambiente, ad un intervento necessario e urgente, che non cancella affatto il laghetto delle Conche, ma si limita al ripristino ambientale di un’area comprendente un piccolo invaso artificiale, altamente inquinata e degradata e sulla quale, da quando sono in carica e cioè dal 2013, nonostante le denunce fatte agli enti interessati, il Comune di Rio Marina si è trovato ad agire da solo.
E’ sintomatico che passando di lì qualcuno abbia sentito esclamare da un rappresentante di Legambiente, forse l’articolista, “ne faremo una battaglia”, quando la battaglia si poteva semplicemente risolvere con un incontro chiarificatore coll’Amministrazione.
Come poteva risolversi anche la faccenda del “Dormentorio” che, come dimostrerò con un altro lancio, ha ricevuto tutti i permessi e i sigilli degli enti sovra ordinati (PNAT e Sovrintendenza) dai quali, ahimè, siamo stati espropriati, col PIT della Regione Toscana, della nostra funzione costituzionale della gestione del nostro territorio.
Anche questa un’iniziativa solo giornalistica.
E ora veniamo al tema in discussione, sul quale dovrò purtroppo dilungarmi per ristabilire la verità dei fatti e accertare chi si è veramente speso e chi no per affrontarlo.
Il sito del “Puppaio” in zona Rio Albano, di proprietà demaniale in quanto il Comune di Rio Marina non ha esercitato la devoluzione, è stato prima – anni ‘60/70 – sede di una discarica comunale, che i tecnici ci dicono ora pressoché sterile, e successivamente – anni 90 – sede di una discarica comprensoriale, realizzata dal Commissario ad acta nominato dalla Regione Toscana in occasione di una delle ricorrenti crisi dei rifiuti elbani. Esauritasi l’emergenza, la discarica fu tombata e dotata di serbatoi di raccolta del percolato per poi essere riconsegnata, senza un adeguato ripristino ambientale, ai comuni elbani, allora nella fase di passaggio da Comunità Montana a Unione. Negli anni immediatamente seguenti vi fu anche il tentativo, subito fallito, di realizzare sul sito una discarica controllata di inerti da utilizzare in loco ma anche per la pavimentazione stradale.
Dei lavori di tombatura della discarica fu interessato anche il contiguo laghetto del “Pistello”, ridotto praticamente ad una pozzanghera, che però raccoglieva le acque ruscellate superiori, ricche come tutte quelle della nostra zona di metalli pesanti, e anche percolato, creando così una miscela che se fosse, come sembrava, filtrata a valle avrebbe creato seri problemi al piccolo rivolo che corre sulla spiaggia di Cala Seregola.
E’ infatti inutile aggiungere che il mancato governo della discarica a chi competeva aveva ben presto deteriorato e abbattuto i serbatoi di stoccaggio del percolato che finiva nel laghetto, certamente molto caratteristico ma anche pluri inquinato e con un ph di 2,7….
Durante un sopralluogo eseguito nel 2014 mi resi subito conto della disastrosa situazione della discarica, colpita da anni di incuria, e mi mossi per capire le competenze di chi aveva il dovere di intervenire.
Dopo un appello indirizzato il 24/6/2014 alla Regione Toscana e agli altri enti competenti (Comuni Elbani, PNAT, Provincia di Livorno, ARPAT e Prefettura di Livorno), che per buona evidenza allego con facoltà di pubblicazione, al quale solo il Comune di Portoferraio e la Prefettura dettero riscontro, ci fu concesso, anche in virtù di un faro aperto sul problema dalla Magistratura, un prestito rimborsabile di 104.000 euro per la sua messa in sicurezza che, ai sensi dell’intervenuto Accordo di Programma del luglio 2014, fu posto a carico della gestione associata del ciclo dei rifiuti.
Con tali risorse, nella più completa indifferenza degli enti che avrebbero dovuto vigilare e porre rimedio al problema, mettemmo in sicurezza la discarica, evitando percolazione nell’ambiente che avrebbe potuto raggiungere le spiagge a valle.
Contemporaneamente a tutto ciò, la Regione Toscana aveva assegnato nel 2007 ai comuni ex minerari un finanziamento pilota per il disinquinamento ambientale, che per Rio Marina valeva circa 600.000 euro, da utilizzare proprio per bonificare alcuni ex scarti di lavorazione – terre grigie di Puppaio 1 – e regimare le acque sovrastanti onde evitarne il ruscellamento a valle; compito immane se si pensa che lo scorrere a valle delle acque minerarie portatrici di metalli pesanti – arsenico e mercurio – è una delle caratteristiche del nostro territorio.
Dopo innumerevoli conferenze di servizi alle quali hanno partecipato tutti gli enti interessati (ARPAT, Regione Toscana, PNAT e Comune di Rio Marina) e che hanno approvato solo il progetto Puppaio 1, l’ultima conferenza, tenutasi il 22/12/2016, ha deciso, nell’impossibilità di approvare un progetto organico, di procedere per mise = messa in sicurezza di emergenza, cosa che, dopo l’approvazione del PNAT, ente che ne reclama l’approvazione preventiva, sarà fatto.
E veniamo alla supposta nuova discarica di materiali.
I due progetti di messa in sicurezza ambientale per inquinamento naturale e di RSU, pur assolutamente indipendenti, anche in termini di finanziamento, vista la contiguità sono gestiti insieme anche per evidenti ragioni di economia di scala.
Poiché per la parte RSU la discarica va ripristinata ambientalmente mediante uno strato vegetativo oggi assente e le “mise” prevedono la regimazione delle acque di discesa anche mediante tombatura dello stagno del Pistello, per evitare che filtrino attraverso le gallerie minerarie fino alle sottostanti spiagge di Cala Seregola e di Topinetti, il progetto prevede l’utilizzo di terra di riporto.
Terra di riporto che è stata messa gratuitamente a disposizione franco destino dal Comune di Marciana e proveniente dalla pulizia straordinaria del fosso di Procchio e da parte di ASA SpA, scavata per la realizzazione di conduttore idriche e fognarie e come tale vergine e provvista di tutte le certificazioni d’origine, come hanno potuto constatare gli agenti della ex forestale subito chiamati e intervenuti. Tale operazione comporta un risparmio complessivo di circa 40.000 euro per il Comune di Rio Marina che avrebbe dovuto comprare il terriccio vegetale e altrettanti per il Comune di Marciana ed ASA che avrebbero dovuto pagarne lo smaltimento.
Non si tratta quindi della creazione di nuove discariche, come irresponsabilmente è stato scritto, ma di un’operazione di messa in sicurezza e di risanamento complessivo, fatta anche per rispondere ad un faro acceso dalla Magistratura e che sacrifica non il laghetto delle “Conche”, ma uno stagno oggettivamente bello ma pericoloso e dove l’aspetto del pericolo non può che prevalere.
L’area rappresenta anche l’unica via d’accesso ad un rinomato agriturismo e ciò comporta l’apertura della sbarra d’accesso, che dovrebbe invece impedire che estranei entrino in contatto con una zona così degradata a rischio e pericolo dell’Amministrazione, visto che l’Agenzia del Demanio non ha mai autorizzato il passaggio.
Come si può ora constatare, questa storia poteva essere facilmente appresa e approfondita da chi vi aveva realmente interesse a farlo, ma, come al solito, la facile denuncia e la ricerca di responsabilità hanno prevalso, forse anche per far credere sulla necessità della propria funzione di arbitro della salvaguardia ambientale.
A Legambiente e alle altre associazioni che l’affiancano, che nell’intervento su “Elbareport” del 14 marzo propongono al Comune di Rio Marina di collaborare per “salvare i laghetti rossi, realizzare la bonifica e valorizzare le aree minerarie di Rio Marina in modo sostenibile”, l’Amministrazione Comunale dà il benvenuto e un ringraziamento anticipato, specie se la sosterranno nell’attuazione dell’art. 13.3 del piano del PNAT, rimasto dal 2010 lettera morta, che prevede la valorizzazione degli ex compendi minerari, in particolare per l’area di Cala Seregola.
Dopo la loro acquisizione ai sensi della legge n°69/2013 sul federalismo demaniale, infatti, il Comune di Rio Marina si trova in grave difficoltà per il recupero ambientale di queste aree “sigillate” nella zonizzazione DS del PNAT che, in mancanza di quello strumento urbanistico, ne determina una salvaguardia assoluta, senza alcuna possibilità di interventi di trasformazione.
Frequentando quella zona, proprio sotto Rio Albano, si evidenzia in tutta la sua gravità, anche da un punto di vista dell’incolumità pubblica, lo stato di degrado e di dissesto ambientale, al quale sulla base dell’attuale normativa del Parco non si può porre rimedio.
Ecco, questo sarebbe un ottimo terreno di collaborazione per risanare a tutto tondo una zona che presenta fortissime traiettorie di sviluppo, che vanno governate non attraverso la semplice dismissione, ma con un progetto complessivo di valorizzazione che coniughi la salvaguardia dei luoghi e delle testimonianze del passato con lo sviluppo territoriale sostenibile.
COMUNE DI RIO MARINA
Il Sindaco
Renzo Galli
In calce la lettera scritta dal Sindaco Galli alla Regione Toscana con oggetto "ex discarica LI019 Rio Albano: provvedimenti urgenti di messa in sicurezza"
Richiesta di accesso al fondo rotativo legge 25/98 e di concorso finanziario degli enti ex conferenti
Faccio seguito all’incontro del 26 febbraio u.s. per riepilogare, anche a beneficio degli altri enti in indirizzo e dell’ente proprietario Demanio dello Stato, la situazione della discarica di Rio Albano sulla base della documentazione acquisita e reiterare la richiesta d’accesso al fondo rotativo per una sua messa in sicurezza, che si presenta indifferibile.
Con separata istanza verrà formulata apposita domanda.
L’area di cui si tratta venne utilizzata nel 1988 per la realizzazione e la gestione di una “discarica controllata provvisoria” per lo smaltimento dei RSU dei comuni elbani, in occasione dell’intervento d’emergenza attivato dalla Regione Toscana con la nomina di un Commissario ad Acta.
Si trattò, per l’appunto, di una soluzione transitoria utilizzata per alcuni mesi dell’estate di quell’anno con la costruzione di due vasche e la realizzazione di opere di corredo per la raccolta del percolato, nelle more del completamento della discarica comprensoriale RSU di Literno, nel Comune di Campo Elba.
Una volta entrata in esercizio la discarica comprensoriale di Literno, quella provvisoria di Rio Albano fu abbandonata e coperta con materiale terroso e con canalizzazione del percolato che, venuta meno nel tempo, ha creato ristagni nella conca sottostante, che sembra ruscellare a valle fino alla spiaggia di Cala Seregola.
Alla luce di tale precedente, risulta evidente che tale discarica, per quanto censita nel sistema informativo regionale con la previsioni di futuri interventi, è stata di fatto trascurata per l’adozione delle dovute iniziative di risanamento ambientale.
Infatti, ferma restando la necessità, a quel tempo, di realizzarla, è palesemente incongruo il mancato intervento per riportare l’area in questione all’originario stato.
Si trattava di un atto dovuto, per la semplice ragione che così come si operò allora su Rio Albano per consentire la costruzione della discarica controllata di Literno, nel momento in cui tale nuovo impianto entrò in esercizio, nel settembre del 1988, era altrettanto indispensabile bonificare l’area di Rio Albano nei modi previsti dalla legislazione del tempo.
Un intervento che avrebbe potuto e dovuto realizzarsi allora, incaricando a tal fine la gestione commissariale, oppure successivamente lo stesso Comune di Rio Marina o, meglio, l’allora esistente Comunità Montana, con recupero, anche in questo caso, a carico dei comuni elbani delle risorse finanziarie anticipate, in piena coerenza col carattere dell’allora scelta regionale della Gestione Commissariale d’emergenza.
Ciò purtroppo non avvenne e la “discarica controllata provvisoria” di Rio Albano, come già detto, è rimasta abbandonata per tutti questi anni in stato di degrado, senza che nessuno, a nessun livello, se ne sia mai interessato, salvo questa Amministrazione, da poco in carica.
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Atteso quanto sopra rappresentato, ritengo che la Regione Toscana debba essere ora chiamata a colmare la carenza di governance del problema di allora e disporre degli interventi amministrativi e finanziari necessari, nel quadro degli strumenti normativi vigenti.
Riprendendo per l’appunto i provvedimenti adottati nel 1988, di cui rendo disponibili tutti gli atti della Gestione Commissariale, la Regione dovrebbe, a mio avviso, riprendere, come soggetto che ha ispirato l’intervento, le azioni di governo per attivare la “bonifica dell’area di Rio Albano e relativo finanziamento degli oneri conseguenti”, disponendone la ripartizione fra i comuni conferenti.
La questione finanziaria è già stata sottoposta alla Conferenza dei Sindaci Elbani, che ne ha preso atto, e dovrà essere inserita nell’Accordo di Programma fra gli stessi ed E.S.A. SpA, società consortile pubblica che gestisce il ciclo dei rifiuti sull’Isola d’Elba, alla quale sarà affidata anche la gestione “post mortem” della discarica di Literno e che quindi potrebbe essere affidataria, per l’intanto, degli interventi di indifferibile messa in sicurezza di Rio Albano.
Si dovrebbe pervenire, in buona sostanza, ad una determinazione analoga a quella adottata col Decreto Presidenziale n.141 del 6/10/1988 col quale, verificata la conclusione di tutte le azioni commissariali, si dispose affinché il Commissario Regionale provvedesse “agli atti necessari per il trasferimento ai Comuni dell’Isola d’Elba, delle competenze gestionali in ordine alla discarica controllata di RSU comprensoriale di Literno”, invece omessa per la discarica provvisoria di Rio Albano e della analoga discarica di Calamita.
Conclusioni
Sulla base delle considerazioni svolte e delle iniziative purtroppo omesse, risulta evidente la necessità di un intervento della Regione Toscana per dare concreta soluzione al degrado ambientale di Rio Albano, che si è andato viepiù aggravando per le mancate opere di risanamento ambientale dopo gli interventi di necessità del 1988.
Risulta altrettanto evidente come i Comuni Elbani, allora conferenti, debbano finalmente farsi carico dei relativi costi, richiedendo l’accesso pro quota, come già fatto per Literno, al fondo di rotazione regionale ex LRT n°25/98, da ripianare eventualmente con finanziamenti di scopo o sulla gestione della tariffa.
Confidando sulla pronta adesione alla proposta così formulata che affronti da subito una situazione di degrado, che questa Amministrazione sta già fronteggiando per evitarne le negative ricadute sul proprio territorio, conto in positive risposte già dall’imminente incontro del 25/6 p.v.
Con i migliori saluti.
Il Sindaco Renzo Galli