La demolizione del fabbricato del così detto “Dormentorio” in prossimità di Capo Pero ha suscitato una serie d’interventi di enti e associazioni, prima fra le quali Legambiente Arcipelago Toscano, che ne hanno reclamato il valore testimoniale e la presunta trasformazione in una grande villa.
Riprendendo l’argomento, dopo i chiarimenti ricevuti in via epistolare, Legambiente lamenta ora le modalità di esecuzione dei lavori e la realizzazione di una vera e propria discarica con i materiali di risulta che deturpano l’ambiente circostante protetto dal piano del PNAT.
Dalle verifiche eseguite in loco dai tecnici comunali non risulterebbe tutto ciò, ma la semplice presenza di un cantiere preposto alla demolizione del precedente fabbricato e alla sua riedificazione senza aggiunte volumetriche.
Nell’autorizzazione e nella verifica del valore testimoniale del fabbricato il Comune di Rio Marina è purtroppo del tutto estraneo, in quanto realizzata su progetto approvato dalla Soprintentenza pisana, con nulla osta del PNAT in quanto ricadente nella zona DS del piano del Parco.
Quindi tutto regolare, secondo la documentazione direttamente trasmessa anche a Legambiente dai due enti sovra ordinati che presidiano il territorio, e anche in questo caso bastava una semplice indagine o anche richiesta di chiarimenti all’Amministrazione Comunale per avere tutte le risposte ed evitare polemiche giornalistiche.
La questione è tuttavia un’altra e ringrazio l’occasione che mi viene offerta per sottoporla all’attenzione di tutti per la sua assurdità.
Si tratta della zonizzazione degli ex comprensori minerari di Rio Marina, decisamente il più importante, di Porto Azzurro e di Capoliveri, classificati dalle N.T.A. del piano del Parco in zona D di promozione economica e sociale, sottozona DS Compendio Minerario.
Ebbene, queste zone avrebbero dovuto essere valorizzate con una serie di interventi previsti dall’art. 13.3 del piano del Parco che disciplina il relativo Progetto Integrato di Valorizzazione, mai attuato a 7 anni dalla sua previsione e nemmeno ipotizzato negli attuali programmi del PNAT.
In assenza di tale progetto, valgono le norme di salvaguardia dettate dall’art. 20.7 delle N.T.A., che praticamente congelano la zona, non consentendo alcun tipo di intervento se non demolitivo e tendente “alla conservazione delle strutture di valore storico testimoniale e di archeologia industriale, manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia per gli edifici di servizio necessari alla valorizzazione delle attività del Parco”. Tradotto in termini pratici solo interventi di demolizione e di ripristino dei fabbricati esistenti che nella quasi totalità volumetrica hanno una destinazione industriale.
Come dire che le volumetrie colà insediate, pari a circa 8000 mc., o vengono demolite o vengono recuperate senza però alcun cambio di destinazione urbanistica né possibile carico antropico: a destinazione industriale erano e a destinazione industriale debbono rimanere.
Ora non c’è chi non veda l’assurdità e la distorsione urbanistica che provoca tale previsione.
Assurdità in quanto si azzerano i valori economici degli insediamenti esistenti, quando potrebbero essere utilizzati per finanziare il ripristino ambientale dei luoghi, che non è pensabile attraverso i fondi pubblici.
Si profila quindi per i prossimi anni, se non si interviene, uno scenario di degrado e di progressivo dissesto ambientale determinato da un’illogica norma di governo del territorio.
Distorsivo perché una volta ceduti al mercato, come ha già fatto il Demanio per i pezzi più pregiati, quali appunto il Dormentorio, sarà difficile imporre nei fatti il mantenimento della destinazione urbanistica e sarà pertanto fonte di abusi per il principio che non si può mettere una camicia di forza al territorio.
Il risultato sarà disastroso per l’ente che rappresento che li ha avuti in devoluzione per questa sommatoria di conseguenze:
- controllo e repressione degli abusi;
- oneri di urbanizzazione dimezzati;
- gettito IMU decurtato;
- valorizzazione decurtata dalla limitata fungibilità degli immobili;
- difficoltà a finanziare il ripristino ambientale, obiettivo dal quale si parte.
Il Comune di Rio Marina ha iniziato tra mille difficoltà un percorso di superamento di tale previsione, impegnandosi a presentare un proprio progetto di valorizzazione, che tuttavia dovrebbe essere competenza e onere del Parco e con un iter di approvazione che si presenta lungo e complesso.
Dovrebbe essere però un impegno delle associazioni del territorio assecondarlo, se si vuole davvero un ripristino ambientale dei luoghi che possa salvaguardare i valori testimoniali con la necessità di uno sviluppo sostenibile.
Il Sindaco
Renzo Galli