Martedì scorso, a Pianosa, l’Associazione onlus Antigone ha presentato il suo XIII rapporto sullo stato delle carceri italiane. Con l’occasione non poteva non essere affrontato anche il tema del futuro che si vuole garantire all’isola. Un tema che nessuno, dopo quasi venti anni dalla dismissione del carcere, è riuscito ad affrontare con decisone e soprattutto con chiarezza di idee.
Pianosa ha bisogno certamente di una rigorosa politica di tutela, ma oltre a questo credo sia altrettanto necessario ed urgente valorizzare il suo vasto patrimonio immobiliare, di cui fanno parte anche edifici di particolare valore storico ed architettonico. In sostanza dobbiamo preoccuparci di preservare le bellezze naturalistiche e insieme recuperare il vecchio borgo e tutti gli edifici che ci raccontano la storia passata e recente dell’isola. Qualche passetto in avanti, in questi anni, è stato fatto, ma, per arrestare il degrado, occorre molto di più ed agire in fretta.
Prima di tutto è auspicabile che i Soggetti pubblici interessati, Ministeri dell’Ambiente, della Giustizia, delle Politiche agricole e delle Politiche sociali, Regione Toscana, Parco nazionale e infine Comune di Campo nell’Elba si siedano intorno ad un tavolo e riescano a sottoscrivere un protocollo d’intesa che indichi finalmente quali strade devono essere battute per far rivivere Pianosa, per creare le condizioni di un suo futuro sviluppo economico, compatibile con la delicatezza e la bellezza dell’ambiente naturale e che stabilisca, inoltre, le azioni che ciascuno deve compiere e le risorse finanziarie che deve attivare.
In un documento approvato all’unanimità dal Consiglio comunale, l’Amministrazione di Campo nell’Elba, anni or sono, espresse “la ferma volontà di agire come attore principale per la tutela, la riqualificazione e il rilancio economico dell’isola”. Parole sensate. Ma che sono rimaste solo parole. Eppure Pianosa è una frazione del Comune di Campo nell’Elba, di una straordinaria bellezza e con un suo ben definito tessuto urbano, da anni purtroppo in uno stato di completo abbandono.
Dovrebbe essere ormai abbastanza chiaro che non si può continuare ad intervenire “a pezzi e bocconi”, con interventi isolati, non inseriti in un documento di programmazione economica e in un piano di recupero che individui le diverse possibilità di riuso dei singoli edifici per attività di carattere scientifico, culturale, agricolo ed anche turistico-ricettivo. Non reputo scandaloso, infatti, favorire nell’isola (senza mettere un mattone in più; anzi demolendo quanto è stato costruito con scarsa sensibilità ambientale) anche una presenza turistica stanziale oltre a quella giornaliera; ovviamente contingentata e sottoposta a regole comportamentali che la rendano compatibile con l’ambiente naturale.
Della elaborazione ed approvazione di quei due strumenti di programmazione economica ed urbanistica deve farsi carico il Comune di Campo nell’Elba. Naturalmente d’intesa con l’Ente Parco, la Regione Toscana e tutti i competenti Ministeri. Ma sono atti di sua competenza.
Dobbiamo però prendere coscienza che per arrestare il degrado, per rianimare un paese che sembra non avere più futuro, non possiamo continuare a fare affidamento solo su finanziamenti pubblici. Solo con questi impiegheremmo altri 20 anni, ma probabilmente molto di più, per rimettere a nuovo tutto l’abitato dell’isola del diavolo. E’ necessario, dunque, accettare anche risorse finanziare private. Prevedere l’intervento di privati che presentino progetti coerenti con gli obiettivi di “ rilancio economico” e rispettosi delle norme di attuazione del piano di recupero. In questo mi sento di dare perfettamente ragione al neo Sindaco di Campo nell’Elba. Ma attento, Sindaco, prima di consentire l’ingresso del privato occorre avere ben chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere e soprattutto scrivere norme che pongano vincoli ben precisi e che non siano suscettibili di interpretazioni di comodo.
Giovanni Fratini