Lo ammetto: non credo nello sciopero e non ho una grande considerazione dei sindacati. Se faccio un excursus di ciò che hanno fatto in questi anni per quello che doveva essere il mio personale diritto alla stabilizzazione lavorativa, acquisito con una laurea V.O. con valore abilitante, onestamente non mi viene in mente niente di niente, se non un lapidario “La vostra è una situazione complessa, siete solo 1.800”.
Perché io quindi, insegnante di ruolo solo grazie al faticoso superamento di pubblico concorso, decido di fare sciopero per i precari (e dichiararlo)?
La risposta è semplice: perché non sciopero per i precari tout court, ma sciopero per tentare di restituire una dignità professionale ad una moltitudine di colleghi con i quali ogni giorno condivido non solo tempo ed ambienti, ma anche progetti, problematicità, successi, perplessità, soddisfazioni.
Non si tratta di semplice solidarietà di categoria, una mano tra colleghi, anche se questo di fatto potrebbe già bastare; hanno cercato in questi anni di dividerci, innescando una guerra tra poveri nella quale ogni singolo insegnante ha solo cercato di difendere quello che era il suo stato, e di legittimare quello che era un suo diritto, acquisito con un titolo abilitante. Tecnicismi, tecnicismi, tecnicismi.
Contestualmente però, ognuno di questi insegnanti ha svolto con estremo impegno e dedizione il suo lavoro. Ok, forse non proprio tutti, ma statisticamente né più né meno dei colleghi di ruolo: non è opportuno generalizzare, ma neanche etichettare.
“Ruolo” non è sinonimo di qualità tanto quanto “Precario” non è sinonimo di “scadente”: sono solo due condizioni giuridiche che poco hanno a che fare con la competenza didattica, la capacità motivazionale e l’impegno quotidiano, caratteristiche imprescindibili di ogni valido docente, capacità che io riconosco nelle persone che ogni giorno, ruolo o non ruolo, collaborano con me per rendere la scuola pubblica un luogo fisico, culturale, emotivo dove imparare ad “essere” uomini e donne, figli e figlie, amici ed amiche, madri e padri.
Lunedì 8 gennaio aderisco allo sciopero promosso dalla quasi totalità delle sigle sindacali di settore non certo per allungare di un giorno le vacanze natalizie: sostengo questo sciopero per dichiarare la mia assoluta contrarietà agli attuali indirizzi politici che negano il diritto alla stabilizzazione lavorativa alle stesse persone che però, con un vigliacco rigiro di contratti annuali probabilmente meno economicamente oneroso allo Stato, ad oggi fanno sì che le nostre scuole italiane, siano in grado di garantire il diritto allo studio dei nostri bambini e ragazzi.
Un’ultima considerazione è rivolta alla condizione dei nostri figli ed alunni disabili, i cui percorsi scolastici e di integrazione sociale sono attualmente sostenuti da personale prevalentemente precario, docenti che nonostante la mancanza di requisiti formali svolgono, taluni da ben oltre 15 anni, un lavoro eccellente. Anche per loro ritengo sia giusto mobilitarsi, per far sì che possano quanto prima godere della continuità educativa e didattica, sancita dalle principali norme sull’integrazione scolastica.
Linda Del Bono
docente Scuola Primaria