I profumi della primavera inebriano meglio delle droghe i cervelli dei soliti furbetti. Sale l’ingordigia del colpaccio sulla pelle del malcapitato turista e la tassa di sbarco ricomincia a gonfiarsi come un pallone. Da un’ora all’altra potrebbe salire dai 3,50 a 5 euro a testa, compresa quella dello spesso ignaro proprietario di seconda casa (nessun cartello o avviso nella biglietteria o altrimenti certificazione burocratica invece dì autocertificazione), al quale si nasconde il suo sacrosanto diritto all’esenzione pagando le tasse locali come e più dei residenti.
Incoraggiata da Roma è prodotta come legittima alternativa nelle isole minori alla tassa di soggiorno forse per non turbare il mercato nero delle locazioni.
Con l’aumento della tassa di sbarco, punta direttamente alle stelle il caro tariffe traghetti che è la più pesante palla al piede dell’economia elbana assieme a una pressione fiscale che accomuna nelle stridore di denti forestieri e locali il cui reddito è legato all’andamento degli arrivi estivi.
Peraltro, l’impiego dispersivo che se ne fa, accresce la rabbia contro il balzello. I ricavi vengono investiti per mille usi cosiddetti promozionali e per feste paesane, invece di destinarli, secondo l’indirizzo legislativo di imposta di scopo, a migliorare i servizi pubblici e le strutture della ospitalità, e, in particolare, a sostenere i costi della raccolta dei rifiuti che dovrebbero calare e gravare meno sugli utenti, se davvero funzionasse la raccolta differenziata.
Poiché da tempo è finita l’illusione che il pienone vacanziero possa durare oltre le solite settimane della calura, si ricorre disinvoltamente allo strozzinaggio fiscale e tariffario. Mai sfiorasse il dubbio che il richiamo turistico possa essere favorito da una politica lungimirante dei prezzi e dell’accoglienza, e con flotte di navi amiche che fronteggino la piaga dei salassi.
Buona Pasqua!
Buona Stagione!
Romano Bartoloni