In un dibattito dalla Gruber sulle recenti decisioni del governo, un noto giornalista ha detto che col cavolo si vogliono eliminare gli sprechi; vedi le province pur manomesse dalla legge Delrio, che restano al loro posto.
L’idea che la lotta agli sprechi passi prima di tutto dai tagli istituzionali è tutt’altro che nuova.
Ne hanno via via fatto le spese le Comunità montane e prima ancora persino i consigli di quartiere. Con il referendum volevano abrogare anche il CNEL. D’altronde risale a Berlusconi l’idea che l’Italia è una azienda e come tale la si gestisce e si giudica su basi aziendali e non politico- istituzionali. Non conta se esse sono capaci e in grado di coinvolgere nel governo del territorio le comunità locali perché sia loro consentito di partecipare al governo del paese.
Eppure più governi hanno affidato ad autorevoli e competenti personalità l’incarico di eliminare gli sprechi della pubblica amministrazione. Ma sono loro ad essere stati eliminati e non gli sprechi. Eppure basta leggere alcuni libri di Cottarelli per rendersi conto che di proposte ne erano state fatte. Ma proprio quelle idee confermano che per eliminare gli sprechi servono istituzioni in grado di svolgere quelle funzioni di governo e quindi di gestione che invece –come abbiamo detto- sono andate via via contrapponendosi in penalizzanti conflitti anche sul piano costituzionale, con rovinosi ritorni centralistici in barba alla legge, alla sussidiarietà e a quella ‘leale collaborazione’ di cui il referendum ha messo sotto i piedi con l’intento di ‘punire le regioni’ in omaggio renziano evidentemente a quel federalismo di cui non è rimasta traccia.
E vengo così a quel rapporto stato –regioni su cui dopo il fallimento del referendum si è riavviato un confronto politico istituzionale che rimane al momento per troppi versi quasi clandestino.
Infatti diverse regioni dal Veneto all’Emilia- Romagna, dalla Toscana alle Marche hanno stipulato accordi o stanno per farli perché lo Stato affidi loro nuove competenze, in qualche caso –Veneto- su tutte le materie, altre solo su alcune ma numerose fini a 16-17. In vari casi si sono concordate già delle Pre-intese. E’ evidente che si profila un quadro nazionale in cui riprenderà quota quel regionalismo differenziato che era sparito dalla scene, salvo che per le regioni speciali.
Quelle intese richiederanno poi un coinvolgimento delle istituzioni locali che a loro volta a partire dalle province ma anche dalle periferie quindi comuni etc dovranno disporre non solo di finanziamenti al momento al lumicino ma anche di un ruolo ormai ridotto all’osso.
I problemi ambientali e non solo nelle aree terremotate avranno un rilievo straordinario. Si veda il Veneto che sta rivendicando il passaggio della Marmolada attualmente trentino al suo territorio. Tutto questo ha ben poco a che fare con i comizi dai balconi.
Purtroppo al momento ha poco a che fare anche con i congressi del Pd affaccendati in tutt’altre faccende anche in regioni –penso alla Toscana e all’Emilia-Romagna dove l’ambiente non è una scoperta dell’ultima ora.
Renzo Moschini