Lettera aperta al Sindaco del Comune di Marciana Marina:
Nei mesi estivi ho avuto frequenti occasioni di scambiare giudizi e riflessioni con molti amici dell’isola e della Marina sul futuro della nostra economia. Due soprattutto gli argomenti discussi.
Molte persone non capiscono perché alcune strutture alberghiere vengono trasformate in miniappartamenti, con ripercussioni negative sull’occupazione e sulle attività commerciali del paese: ristoranti, bar, negozi, servizi. Credo che l’Amministrazione dovrebbe ostacolare questa tendenza, anche ricorrendo agli strumenti del piano regolatore.
L’altro tema è quello del porto turistico.
I giornali hanno riportato la notizia che i consiglieri di minoranza in Consiglio comunale hanno ricordato che il piano regolatore del porto è tuttora efficace e hanno chiesto che la nuova Amministrazione proceda alla sua attuazione.
L’esito delle elezioni comunali del 2017 è stato molto chiaro: gli elettori si sono pronunciati proprio sul progetto del porto e sull’assetto complessivo del lungomare. Possiamo dire che si è trattato di un vero referendum su un progetto di porto che creava angoscia tra i cittadini. Appare dunque necessario che l’Amministrazione assuma al più presto iniziative dirette alla radicale revisione del progetto, coerentemente con la volontà popolare.
Tornano quindi attuali i rilievi che da più parti erano stati mossi. Penso però che non sia il caso di risollevare oggi il problema della stretta legittimità degli atti deliberativi. È opportuno, piuttosto, ripensare tutta la questione alla luce della situazione complessiva della nautica da diporto in Italia. Nelle settimane passate sul quotidiano “Il Sole 24 ore” sono state pubblicate inchieste sui porti turistici, in particolare su quelli della costa tirrenica, che appaiono in grave crisi.
Intorno agli anni 2011 e 2012, quando fu introdotta la tassa di possesso per le imbarcazioni, si registrò un crollo del 35% del giro d’affari, con la fuga di circa quarantamila natanti nei porti di Stati vicini. Fu l’inizio di un “periodo nero” da cui il settore non è ancora uscito. Per il 40% dei porti italiani sono emerse difficoltà finanziarie: alcuni scali sono addirittura arrivati al concordato fallimentare.
Lungo la costa tirrenica, nel momento in cui la nautica era in forte espansione, c’è stata una corsa a costruire porti turistici, a cui ora, però, corrisponde una domanda molto debole.
In questo momento la costruzione di un nuovo porto turistico, come quello progettato per Marciana Marina, si rivelerebbe inutile: il porto resterebbe del tutto sottoutilizzato. Insomma, l’iniziativa, da cui si sperava di trarre impulso per l’economia e ricadute positive per l’occupazione, sarebbe invece un’avventura molto pericolosa. Da settembre a giugno il porto sarebbe usato quasi soltanto dai residenti, esattamente come oggi.
La scelta di compromettere un lungomare ritenuto unanimemente uno dei più suggestivi delle coste italiane appare un’operazione dannosa per il paesaggio e l’ambiente, ma anche rischiosa e inefficace per l’economia.
Vi sono dunque valide ragioni economiche perché l’Amministrazione modifichi le deliberazioni, senza affrontare alcun iter volto al loro annullamento, che sarebbe forse di difficile attuazione e potrebbe esporre l’Amministrazione a complessi e onerosi contenziosi.
La revisione del progetto iniziale non deve significare la rinuncia a migliorare le attuali condizioni dell’area portuale.
Si rammentano le maggiori criticità sulle quali sembra necessario intervenire:
‒ il distributore carburanti, anche per motivi di sicurezza, deve essere trasferito all'ingresso del porto, lato mare, affinché sia accessibile a tutte le imbarcazioni.
‒ è opportuno realizzare una protezione dai venti nord/nordovest, che attualmente possono portare scompiglio ai natanti ormeggiati sulle banchine. La soluzione tecnica dovrebbe essere trovata a seguito di uno studio delle correnti marine, che, nel pur faraonico progetto di nuovo porto della passata Amministrazione, risultava carente.
‒ occorre riordinare le concessioni di ormeggio, perequando per esempio i limiti di lunghezza dei natanti oggi imposti al CVMM.
‒ le zone di balneazione oggi tollerate all'interno dell'area portuale devono essere disciplinate a seguito di un controllo reale e scientifico delle condizioni igieniche e di sicurezza.
‒ è auspicabile che, di fronte al Cotone, sia realizzato un campo boe, regolamentato e a pagamento, per evitare l'attuale ancoraggio selvaggio delle imbarcazioni. Questa soluzione, assai diffusa nei porticcioli dei Paesi civili, costituirebbe anche una protezione del fondale. Oggi esiste un’ordinanza della Capitaneria di porto, che formalmente vieta l’ancoraggio arbitrario: però, come spesso accade, la disposizione è, di fatto, disattesa.
Concludo sollevando un’ultima questione non più rinviabile: la realizzazione di un depuratore delle acque reflue comunali, che si intreccia con gli aspetti igienico-sanitari presenti nel porto. Le bandierine blu hanno forse un’efficacia cosmetica, ma non si può pensare di continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto. Un episodio di crisi del precario sistema attuale potrebbe compromettere in modo molto serio la credibilità del paese.
Pasquale Berti