E ora? La situazione sembra incartata per bene. E la confusione è massima. Dalle elezioni sono arrivate delle indicazioni nette per quanto ingestibili, e tuttavia ogni commentatore cerca (con impegno degno di miglior causa) di accreditare come realtà i propri desideri e i propri auspici: i PDL continuano a parlare del miracolo della rimonta di Berlusconi, quando hanno lasciato sul campo metà dei loro elettori; e della sconfitta del PD, che di elettori ne ha persi tantissimi, ma relativamente molti meno del PDL. Il PD continua a parlare del sommo sacrificio del sostegno a Monti come d’inderogabile necessità, quando appare chiaro che quel sostegno –che ha lasciato i problemi allo stesso punto di quando il Governo Tecnico si è insediato, se non li ha aggravati- è la causa prima della perdita di consenso del partito; e tutti si sperticano nelle lodi all’intuito e alla fermezza del Presidente della Repubblica, che è il primo responsabile della tragedia presente per aver imposto il Governo dei Professori invece di mandarci a votare anticipando di un anno e mezzo il momento attuale –se non si vuole pensare che a novembre del 2011 forse i risultati elettorali sarebbero stati più interessanti e gestibili-, e che anche ora si adopera per scongiurare il pericolo di orientamenti più decisamente innovatori di un governo PD sostenuto in qualche modo dal Movimento 5Stelle, paventando l’esclusione del PDL e soprattutto di Monti. Beppe Grillo fa il suo gioco: ha vinto –pure troppo, anche per i suoi gusti!- e sa bene che il massimo risultato della vittoria lo ottiene rifiutando ogni contatto con chi che sia: ma ragiona come se già fosse maggioranza assoluta in Parlamento e nel Paese, e sembra dimenticare che -se nessuno può fare nulla senza il suo assenso- neppure il Movimento che rappresenta può fare nulla senza allearsi con il PD, che ha invece la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati. Se si passa dalle strategie di schieramento ai temi veri e urgenti della politica, troviamo ancora il PDL che propone al PD un’alleanza di governo su un programma che è antitetico a quello enunciato dal desiderato partner, per di più legandosi indissolubilmente alla figura di Berlusconi che è oggettivamente e ogni giorno di più impresentabile e indesiderato. Il PD ha finalmente enunciato gli Otto Punti del suo programma di governo, per la verità ancora assai generici e pochissimo nuovi, e forse anche troppi nella situazione presente che consiglierebbe di consolidarne e dettagliarne due o tre –Legge elettorale, modifica del Patto di stabilità, abolizione tout court delle Leggi “ad personam” (falso in Bilancio, corruzione e ineleggibilità, prescrizioni)-. Io amerei anche di veder affrontato con serietà il problema del numero dei parlamentari: perché mi pare che solo per demagogia si possa accettare l’idea di una democrazia che prospera diminuendo il numero dei rappresentanti (il cui potere personale aumenterebbe certamente); e mi pare che il loro costo è comunque troppo alto –anche ridotto di dieci volte- se la loro funzione è ridotta al mero voto in aula, mentre se essa torna a essere quella di elaborazione legislativa e di raccordo fra Governo e cittadini forse necessita di adeguate risorse. A tal proposito suggerirei alle diverse anime belle, da Grillo a Travaglio agli ineffabili Rizzo e Stella, di consultare il link http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/MLC16023.htm#_Toc290536287 con i numeri relativi alla situazione europea del finanziamento ai partiti. Il Movimento 5Stelle rileva, con buone ragioni, la genericità delle proposte del PD, ma non fa molto di più nel comunicare i propri programmi, soprattutto non indicando –come chiedono Costituzione e intelligenza- le risorse necessarie punto per punto e dove si ritiene di poterle reperire -oltre la sacrosanta “rinuncia” ai caccia F35 che sono costosissimi ma non sono il Pozzo di san Patrizio-. Fare dunque due o tre cose irrinunciabili e condivisibili, e tornare a votare. Sui meccanismi di ingegneria costituzionale per arrivare a questo risultato non mi pronuncio per incompetenza, ma non dubito che vi siano spazi sufficienti di manovra. Certo 5Stelle deve rinunciare all’attuale rendita di posizione, e il PD alla prospettiva per anni vagheggiata di governare con un programma organico e duraturo. Ma l’alternativa è una consunzione del delicato equilibrio che ci consente ancora di galleggiare prima del violento assalto di chi è al primo posto nella responsabilità della presente situazione economica (quei “mercati” che sembrano stare a guardare), secondo una logica del tanto peggio tanto meglio che non porta mai da nessuna parte. I tempi per un qualche accordo sono strettissimi: altrimenti si passi all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, e si torni a votare prima possibile, e se necessario un’altra volta, e poi un’altra ancora: come diceva il grande Antoine, “ognuno si diverte come può”.
Luigi Totaro