La riflessione critica anche in Toscana sulle ragioni del risultato elettorale deludente mi pare ancora eludere una questione che specialmente nella nostra regione dovrebbe invece stare ai primi posti. Mi riferisco al governo del territorio e al ruolo delle istituzioni in particolare nelle politiche ambientali che per troppi sembrano ancora esaurirsi confusamente nel recinto della green economy. Eppure si tratta di politiche che tutti o quasi ritengono abbiano concorso significativamente al successo grillino come era già avvenuto a Parma.
La Toscana con la istituzione delle regioni inaugurò tra le prime in Italia e con risultati importanti riconosciuti e apprezzati politiche di governo del territorio che seppero mettere in rete comuni e province e avvalersi –spesso anticipandole- leggi nazionali come quelle sull’ inquinamento, i bacini idrografici e i parchi. Politiche che si avvalsero con efficacia dei consigli di quartiere come delle comunità montane. La novità maggiore di quella stagione fu l’avvio di politiche regionali in cui dominante non era più l’urbanistica. Le istituzioni infatti iniziarono a giocare un ruolo decisivo in ambiti riservati –tanto per fare un esempio- alle Sovraintendenze. Oggi – veniamo così al dopo elezioni- la scacchiera regionale manca dei consigli di quartiere, delle comunità montane e presto mancherà delle province, mentre i comuni sono stati spinti a far cassa con gli oneri di urbanizzazione insomma a consumare suolo. Anche ambiti ambientali come il paesaggio grazie al nuovo codice dei beni ambientali è tornato persino nei parchi a correre per conto suo in barba alla convenzione europea. E’ singolare come ci si sia così presto dimenticati degli infortuni del PIT a partire proprio dalle assurde schede il paesaggio ma più in generale di come il bastone di comando sia tornato sempre più in mano alla regione che in questo non sembra essere riuscita però a fare granchè meglio dei ministeri. Potremmo ricordare al riguardo la serie di veri e propri infortuni anche recenti su interventi e impianti che non ci hanno fatto belle figure. Ora si è tornati discuterne sotto l’incalzare anche dei comitati vari ma servono idee e proposte messe a punto in sedi e confronti seri.
E ciò vale anche per il partito toscano che è tornato a discutere criticamente della sua direzione e gestione. Mi chiedo, infatti, se qualcuno ricorda momenti, sedi occasioni in cui le vicende oggetto da tempo di comitati più o meno vispi e propositivi, in cui se ne sia discusso con il partito e gli amministratori con o senza web? Intendiamoci, so benissimo che queste critiche possono –anzi debbono- essere estese al contesto nazionale. Ma per noi toscani la responsabilità è assai maggiore perché il nostro retroterra istituzionale, culturale e politico è storicamente più rilevante. E colpisce quindi maggiormente la scarsa attenzione autocritica a questo andazzo.
Non ricordo il già tante volte ricordato elenco di aspetti –leggi comprese- che la regione e il partito hanno perso per strada. Ma non posso invece dimenticare che proprio nel momento in cui si è costretti –volenti o nolenti- a parlarne prevalga ancora un atteggiamento di latitanza che a tutto potrà servire tranne che a trovare finalmente le risposte giuste; in Toscana come a Roma.
Ieri nel Veneto il Pd ha discusso in un convegno nazionale la sua proposta di legge regionale sui parchi, perché non farci anche noi finalmente un pensierino?
Renzo Moschini