L'Associazione "Responsabilità in comune" ha inviato la seguente lettera alla Soprintendenza per i beni storici, culturali e paesaggistici delle Province di Pisa e Livorno, sottoponendo all'attenzione dell'Ente il susseguirsi di opere e interventi sul territorio portoferraiese impattanti e spesso dannosi sui beni pubblici che la Soprintendenza dovrebbe invece tutelare in concorso con gli enti locali, e in particolar modo il Comune. La stesura di questa lettera, sebbene motivata da una miriade di detti interventi e opere, è stata determinata dall'ultimo intervento ancora in corso e che tanta contrarietà ha suscitato in molteplici associazioni, studiosi o anche semplici cittadini che si sono sentiti in dovere di esprimerla. Stiamo parlando dei lavori che stanno cambiando profondamente la collina del Lazzeretto.
Al Soprintendente Arch. Manuela Salvitti
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno
La nostra Associazione “Responsabilità in comune” è un’associazione politico-culturale che ha fra i propri intendimenti e obbiettivi anche quello di tutelare l’integrità culturale, storica e paesaggistica, oltreché ambientale del territorio elbano in generale e portoferraiese in particolare. Leggiamo sul sito istituzionale di codesta Soprintendenza che in Italia i beni culturali sono tutelati direttamente dallo Stato attraverso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Esso opera sul territorio attraverso organi periferici, chiamati Soprintendenze, che agiscono in stretta collaborazione con il sistema del governo locale (Comune, Provincia, Regione).
È per questo Suo alto ruolo istituzionale che ci rivolgiamo a Lei con questo accorato appello.
Purtroppo, forse a causa della marginalità del nostro territorio, forse a causa delle difficoltà operative con cui sempre più fa i conti la Pubblica Amministrazione tutta, assistiamo, ormai da anni, ad iniziative ed opere che puntualmente causano un diffuso degrado del territorio urbano portoferraiese nonché danni che mano a mano divengono sempre più impattanti ai beni storici, culturali, paesaggistici ed ambientali.
L’elenco è sterminato: si va dalla messa a repentaglio ed al danneggiamento continuo del lastricato di pietre di marmo rosa di cui la città era interamente coperta al momento della sua fondazione su ordine di Cosimo de’ Medici e che è stata divelta in una larga parte del centro storico e là ove resiste subisce sfregi inenarrabili. L’ultimo caso è quello delle scalette che da Via all’Amore conducono a Piazza Traditi che sono state letteralmente squarciate per lavori alla conduttura dell’acqua e lo squarcio è stato poi coperto con cemento anziché con le pietre rosa; all’identica sorte toccata a Via Bisdomini, a Via delle Galeazze e in molti altri punti della città. Si passa poi al degrado dovuto anche alla cessione non si sa quanto legittima di parte delle fortificazioni medicee (Forte Stella su tutti) con le croci lorenesi divelte dalle altane, con le garitte delle guardie adibite a bagni, alla residua parte del cammin di ronda della Calata Mazzini incastonata di alluminio anodizzato, al degrado spaventoso presso il Bastione di Santa Fine, oggetto di restauro solo parzialmente, e sommerso – insieme al prospiciente Lazzeretto – da una vegetazione infestante e chiuso ormai da tempo immemorabile al pubblico. Si passa poi alla rovina incipiente del Palazzo di Coppedé, degli ex macelli comunali, di parte delle caserme edificate sul viale delle Ghiaie nel 1936 e ormai abbandonate da 20 anni per via del trasferimento ad altra sede in Italia della Scuola della Guardia di Finanza. Per giungere alla scarsissima cura dedicata all’area archeologica della Linguella dove insistono, oltre che la Torre del Martello e gli ex Magazzini del Sale e il Museo Archeologico, le vestigia di una costruzione romana antica.
Ultima in ordine cronologico, ma non di gravità è l’opera di sbancamento che sta in questi giorni avvenendo sulla collina del Lazzeretto, posta proprio sul porto commerciale e ricchissima di memorie storiche, archeologiche e culturali, seppur giacente da anni in una situazione di degrado continuo e costante. L’occasione è data dalla rimessa in opera dell’ex capannone dell’Enel che oggi è divenuto, per effetto di iniziativa privata, un magazzino della grande distribuzione e sui piani superiori del quale è prevista l’apertura di altri esercizi commerciali ed un ristorante. Era previsto in un primo momento che la collina divenisse un parco verde, ma negli ultimi giorni si è assistito ad un progressivo disboscamento e livellamento del terreno e l’escavazione di una traccia che parrebbe preludere all’installazione di una scala mobile.
Torniamo sopra all’epigrafe che campeggia sul Vostro sito istituzionale.
Ci appare evidente che, nel meccanismo di collaborazione tra amministrazioni cui è affidata la tutela delle nostre emergenze storico-architettonico-paesaggistiche, qualche cosa, negli anni, non abbia funzionato a dovere.
L'evidente impatto della struttura della "gattaia", come risultante dall'opera di ristrutturazione/ampliamento, proprio a ridosso del Bastione del Cornacchino, in bella evidenza sul limitare della darsena medicea, rappresenta un esempio recente piuttosto macroscopico di questo "corto circuito".
Noi non siamo tecnici (anche se nella nostra associazione non mancano storici, architetti, studiosi per professione o per passione), tuttavia quello che vogliamo rappresentare è il fatto che il patrimonio di un territorio assume valore anche in ragione di quanto il tessuto sociale che vi insiste senta appartenere alle proprie radici talune porzioni di esso. La storia siamo noi, recita il titolo di una nota rubrica televisiva, e in questo caso il fatto che molti degli interventi citati siano stati sentiti come una forzatura, per non dire una violenza, da parte della popolazione locale, appare significativo, al di là delle stringenti valutazioni tecniche.
Noi oggi ci sentiamo di rappresentare, viste le numerose sollecitazioni giunte principalmente tramite o social network, la voce di una Portoferraio fatta di persone (e non solo di fabbricati, ruderi, reperti, scorci, ecc...) che chiede alle autorità preposte non tanto e non solo di tutelare delle "cose", ma di tutelare l'identità di una comunità che nella sua memoria secolare (nei piccoli luoghi, ancora più se marginali ed isolati, essa corre ancora a lungo, di generazione in generazione, nelle immagini raccontate di padre in figlio, di figlio in nipote....) custodisce gelosamente l'orgoglio delle proprie origini.
A questo punto in molti dei casi sopra ricordati è inutile intervenire, il danno è fatto. Chiediamo però che si tenga conto di questo e di molti altri interventi che hanno di recente popolato i giornali e i media in generale, fatti da studiosi, associazioni o anche semplici cittadini che hanno levato la propria voce per evitare questo ulteriore sfregio ad una zona che rischia di venire devastata ancor più di quanto già non sia stato fatto da scale mobili ed edifici in metallo e vetro che, tra l’altro, non erano previsti nel progetto primigenio e che sono invece considerati in una variante di cui la cittadinanza nulla ha saputo.
Fiduciosi che la presente sia tenuta in considerazione quale utile contributo rispetto alle Vostre determinazioni, porgiamo distinti saluti
L’Associazione “Responsabilità in comune"