Nel 2009 la Regione Toscana ricevette in proprietà dallo Stato, gratuitamente, la Società Toremar. Ci fu ossessivamente ripetuto dagli Amministratori regionali che l’Unione europea voleva non solo la liberalizzazione di interi settori economici tra cui il mercato dei servizi marittimi, ma anche la privatizzazione delle Società pubbliche, operanti in tale settore. Dunque bisognava cedere la proprietà Toremar ad un privato e affidargli la gestione dei servizi. La Regione ebbe in quella scelta la sponda dell’allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, On.Matteoli, che si preoccupò di far approvare dal Governo un provvedimento legislativo ( il decreto legge n°135 del 25 settembre 2009 ) che, oltre a trasferire alle Regioni la proprietà delle rispettive Compagnie marittime, le obbligava a privatizzarle. In realtà l’Europa chiedeva agli Stati membri la liberalizzazione dei mercati e non anche la privatizzazione. Per l’Europa, infatti, era del tutto indifferente il regime proprietario delle Imprese. L’obbligo di “privatizzare” era dunque una “mega bufala”. Ce lo fece sapere l’On. Tajani, allora Commissario europeo ai trasporti, con il suo intervento alle Commissioni trasporti e politiche europee della Camera e del Senato riunite in seduta comune nell’aprile del 2009:” La scelta di privatizzare Tirrenia ( e le Società marittime regionali )- precisò allora l’On.Tajani - è una decisione AUTONOMA del Governo italiano……rispetto alla quale la Commissione europea NON PRENDE FORMALMENTE POSIZIONE…… “. Ma per il Governo nazionale e quello regionale di allora, affidarsi totalmente al “Privato” per la gestione dei servizi marittimi rappresentava una scelta inevitabile. Solo con l’Imprenditoria privata e la competizione tra più Armatori si poteva assicurare all’utenza un miglioramento dei servizi..
Con la vendita della Toremar è stato raggiunto l’obiettivo di favorire una vera competizione? Senz’altro no, visto il risultato della gara.
E’ stata messa, invece, una pietra tombale su una possibile, ed auspicabile, situazione di concorrenza tra le due “storiche” Società di navigazione ed è stata favorita, invece, la nascita di un Soggetto imprenditoriale che gode di una posizione di gran lunga “dominante”.
L’Europa non avrebbe ostacolato una scelta diversa. Il mantenimento, ad esempio, in capo alla Regione della proprietà dell’intero capitale azionario di Toremar o di una sua quota comunque di maggioranza e l’affidamento dei servizi ad un privato. In sostanza la nascita di una Società pubblico-privata. Dove la Parte pubblica, che poteva comprendere anche altri Soggetti istiuzionali, avrebbe avuto un reale potere di indirizzo e di controllo sulla organizzazione e gestione dei servizi.
Per di più, il modo con cui l’Autorità portuale di Piombino ha gestito l’assegnazione degli “spazi orari”per l’uso dei moli di attracco non ha certo facilitato l’ingresso di una terza Compagnia in grado “ di esercitare una reale pressione concorrenziale nei confronti dell’operatore dominante”, come richiesto dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato in un parere espresso nel luglio del 2011.
Nei bandi per l’assegnazione degli slot non è mai stato inserito come criterio di preferenza la disponibilità da parte degli interessati ad operare per tutto l’anno.
Sarebbe stato legittimo fare una simile richiesta? Crediamo di sì. I moli di attracco sono un bene pubblico e il loro utilizzo dovrebbe essere consentito tenendo presenti, prima di tutto, le necessità delle comunità insulari.
Ma è evidente che per navigare anche in momenti non redditizi una Società di navigazione deve poter avere un adeguato spazio nella stagione turistica. Se nei periodi di maggior traffico, invece, gli slot vengono assegnati anche a chi è disponibile per una presenza solo stagionale, di tre mesi, come fatto finora, diventa difficile per chiunque rimanere sul mercato dal 1° gennaio al 31 dicembre. Con la decisione della Blu Navy di effetuare, quest’anno, alcune corse anche nel periodo invernale (tre dal lunedì al venerdì e solo 2 il sabato e la domenica) si può parlare di competizione tra più Imprese, come vorrebbe l’Europa? Per carità!
In sostanza lo stato attuale del trasporto marittimo ci dice che la scelta della privatizzazione fu sbagliata. Una scelta incomprensibilmente accettata o timidamente non condivisa dalle rappresentanze economiche, sindacali, politiche ed istituzionali della Comunità dell’arcipelago.
Che fare per cambiare le cose? Una strada da imboccare può essere quella di una revisione da parte della nuova Autorità portuale della attuale disciplina di assegnazione degli slot, in modo da offrire ad una Compagnia la possibilità di essere più presente nell’arco di tutto un anno. Ma nutro pochissima fiducia che ciò avvenga. Anche perché chi rappresenta i territori insulari sembra si sia definitivamente “adagiato” in uno stato di diffusa, tranquilla rassegnazione.
Giovanni Fratini
Caro Giovanni
Quando la storia (dieci anni non rappresentano più un tempo di cronaca) ti dà ragione, in genere c'è poco da rallegrarsi. La storia ti sta dando ragione Giovanni ma (se permetti) dà ancor più ragione a questo giornale che per anni ha sostenuto posizioni identiche a quelle che esprimi, con buona pace dell'ondivago presidente Rossi, della buonanima dell'assessore Conti e del suo successore, l'oggetto misterioso ferroviario Ceccobao, e, va sottolineato, del PD nazionale, regionale e locale, che all'epoca (e negli anni) si spellarono le mani per plaudire alla privatizzazione prima ed alla instaurazione di un monopolio poi, azioni che oggi constatiamo quanto fossero due ciclopiche, esiziali, autolesionistiche cazzate. Come dire Tajani avrà pure le sue colpe, ma se Sparta piange Atene non si sganascia dalle risate, e le responsabilità del Partito Democratico in una vicenda che ha penalizzato la nostra comunità insulare restano tutte senza attenuanti.
C'è tempo per riparare? Non lo sappiamo, guardiamo al futuro sperando (come dicono altrove "il peggio non è mai morto") che dalla padella in cui navighiamo non si vada a cadere in una più rovente brace.
Abbiamo volutamente evitato di calcare la mano sulle notizie finanziarie sempre meno tranquillizzanti riguardanti le sorti del "capitano coraggioso", che, dopo aver sviolinato (con un pacco di soldi) sotto le finestre leopoldine di Renzi, dopo un "contatto" con Grillo-Casaleggio (all'attenzione giudiziaria proprio in questi giorni), con perfetta coerenza tesse le lodi di Fratelli d'Italia.
Troviamo perfino preoccupante che non sia più in distribuzione gratuita e cartacea quello che Federico Regini definì "Il Corriere NON elbano" il cui sito ci mostra da un mese esatto le facce di De Santi e Ferrari. E' un segno di una disattenzione al territorio sul quale il monopolista ha costruito le sue iniziali fortune, e non è un bel segno.
Tira ariaccia Giovanni