"Mi domando se sia ancora possibile chiedersi, di un atto politico, semplicemente se è giusto o se è sbagliato. Se chiederselo non comporti una sorta di ingenuità imperdonabile, che attira risatine di compatimento ed esclude, di fatto, dal dibattito".
Prendo spunto dall'Amaca di Michele Serra su "Repubblica" del 28 dicembre per una riflessione sulla confusione delle lingue che fa del nostro tempo una nuova Babele. Tralascio per umana carità la valanga di metafore di Bersani, che riesce a rendere oscuri idee e giudizi che potrebbero anche essere sensati; ma trovo insopportabile il continuo ricorso a luoghi comuni: "mettere le mani nelle tasche degli Italiani"; "taglio dei Parlamentari" o degli stipendi, con tanto di immense forbici di cartoncino per mostrare visivamente l'operazione a spettatori ritenuti imbecilli; la quadriglia dei "passi indietro", o "di lato"; il penoso spettacolo delle aule parlamentari ove vengono esposti striscioni, magliette, cartelli -fino alla Mortadella di prodiana memoria-; le felpe cui è affidato il compito di trasmettere il senso di "empatia" -altra parola straabusata- con questo o quel personaggio, o istituzione, o associazione; fino alla perniciosa idea del dare nome alle Leggi dello Stato come alle operazioni delle forze dell'Ordine -Salva Italia, Buona Scuola, Sbloccacantieri, Milleproroghe e quant'altro-, quasi che il dettato del provvedimento non fosse di per sé capace di far capire cosa si vuole ottenere o ci si ripropone; o il pubblico al quale ci si rivolge fosse incapace di comprendere senza il disegnino.
Dice ancora Serra: "Per altro, se questa domanda primaria (giusto o sbagliato?) perde senso in favore di giudizi più scafati, informazioni recondite, retroscena <...>, che senso ha la politica? Voglio dire le parole della politica, le idee grandi medie e piccole? Se conta solamente il contesto, il testo diventa carta straccia. Finisce che nessuno lo legge o lo ascolta per quello che è. Che ogni parola è da considerarsi bugiarda già in partenza, perché significa sempre 'qualcos'altro'".
Più grave ancora è il trabocchetto della ripetizione infinita delle parole fino a far acquistare loro il carattere di verità. Un esempio per tutti, la "morte delle ideologie". Tutto si spiega con la "fine delle grandi ideologie" del Novecento: il disorientamento delle persone, il disagio giovanile, le trasformazioni degli assetti della politica. Il Movimento 5Stelle da quando è nato continua a dire che non è né di Destra né di Sinistra, e i nuovi grandi politici ci insegnano che i concetti di Destra e Sinistra sono ormai superati, appunto con la "morte delle ideologie"; e chi continua a riferirvisi è uomo del passato, incapace di capire i tempi nuovi. Così anche il Fascismo e l'Antifascismo; e anche la Resistenza ha ormai fatto il suo tempo. Non parliamo poi della Lotta di Classe: le classi non esistono più, avendo lasciato il posto alla produttività, alle competizione, alla mobilità, ecc.
Credo che si tratti di un errore -o forse di un inganno-. La Lotta di classe non è finita: ha 'solo' vinto una classe, che domina e detta legge. Ha vinto il Capitale e la classe che lo possiede e lo controlla, perché è più forte e più spregiudicata: ha saputo adattarsi alle circostanze, ha raccontato che tutti possono entrare a farne parte se hanno talento e lena, e che occorrono pazienza e perseveranza. E, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, è riuscito a mettere in competizione fra loro gli avversari -il mondo del Lavoro, i lavoratori- proponendo sé come obiettivo raggiungibile, sia pure a piccoli passi. In primo luogo il possesso della casa -presto divenuto debito "a vita" per chi intanto voleva diventare un "proprietario" (e di fatto "domicilio coatto" a vita), "prestando" i capitali necessari e legando a sé chi li riceveva -quel famoso settanta per cento delle famiglie italiane, che in gran parte possiedono le case dove abitano, ma non ne sono proprietarie (lo è la banca)-. E poi affermando un modello di vita basato sul possedere, quindi sul comprare, sul consumare diffuso, e sulla necessità di procurarsi a qualunque costo le risorse per poterlo fare. Di fatto i Lavoratori si sono trovati uno accanto all'altro -non più "insieme"- quando non uno contro l'altro nel loro mondo, nella loro attività, costretti ad accettare tutto quanto veniva deciso dalla "logica aziendale" o dal "Mercato" -divinità imperscrutabile- al quale è stato affidato il compito di realizzare giustizia ed equità. Come ognun vede.
Gli strumenti che negli anni Settanta erano stati conquistati sono stati gradualmente -ma neanche tanto lentamente- neutralizzati anche con il concorso di Governi che hanno dovuto misurarsi con le mutate relazioni internazionali, dopo lo sgretolamento dell'Unione Sovietica e subito dopo con l'esplosione della globalizzazione e della rivoluzione informatica. Mentre i partiti di Sinistra, che appunto erano la rappresentanza politica dei Lavoratori, si dimostravano sempre meno capaci di arginare la rinnovata vitalità della Destra politica, che rappresentava il mondo delle imprese e del Capitale. Persi dietro il vagheggiamento di una "terza via", della possibilità di una mediazione, hanno lasciato che perdesse tutta la sua forza la capacità dei Lavoratori di contrastare la radicalizzazione della rincorsa ai profitti, e poi la progressiva deindustrializzazione dell'economia a vantaggio di una sua finanziarizzazione. E hanno di fatto accolto a tutti i livelli la cultura Statunitense, accettandone la logica.
E poiché la Finanza internazionale genera le crisi, le gestisce, le modera, le nasconde, e non ha alcuna forza di contrasto che le si opponga, la Lotta di classe è caduta in letargo, aspettando una inedita idea di "Nuova primavera" nella quale la crisi feroce che pur attanaglia il Capitalismo lo porti a esplodere con le sue contraddizioni ("il Capitalismo ha i secoli contati", come diceva Giorgio Ruffolo). Aspettando che il nemico faccia tutto da sé.
Intanto il Capitalismo c'è ancora, e ancora la Destra -le Destre di tutto il mondo- concorre a curare i suoi interessi e i suoi problemi. E anche i Lavoratori ci sono ancora, sempre più deboli, sempre più preoccupati, sempre meno "classe", sempre più isolati ed esposti a essere strumentalizzati in una guerra fra poveri che è il grande dramma del nostro tempo. Ma se la Sinistra politica dorme, sempre più forte è l'esigenza di destarla. A cominciare dal rintuzzare con energia chiunque dichiarandone la morte di fatto si iscrive nelle truppe di complemento della Destra.
Se poi il problema è quello del disagio nel pronunciare i nomi di Destra e Sinistra, si può provvedere trovandone di più carini. Ma trovo fuori tempo i dibattiti relativi alla relazione fra nomi e realtà, che hanno occupato la filosofia dalla Grecia del VI secolo a. C. fino ai giorni nostri.
"La storia di ogni società finora esistita è storia della lotta di classe", recita il più famoso testo del mondo dopo l'Evangelo. Chiamiamola come si vuole, ma fino a prova contraria anche la nostra storia è proprio questa. "Hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato pace", diceva Tacito. Non è la nostra pace. Che è tutta da costruire.
Buon anno a tutti
Luigi Totaro