C’è stato un inizio di anno pre Coronavirus e un inizio di anno post Coronavirus. Nelle nostre vite e nelle nostre attività quotidiane. Nella programmazione delle aziende del nostro territorio.
La situazione degli ultimi giorni, a seguito dell’individuazione dei focolai nel nostro Paese, obbliga a qualche riflessione sulla gestione di questa emergenza e, soprattutto, sulle conseguenze economiche che si prospettano, anche per il nostro territorio.
Abbiamo attraversato una prima fase molto convulsa, in cui il messaggio, non si capisce quanto voluto, è stato di massima allerta. Misure molto severe nel tentativo di contenere e limitare i contagi: creazione di zone rosse, blocco delle attività lavorative, chiusura di scuole, Musei, eventi.
Il Nord Italia, metafora di produttività, laboriosità e solerzia, si è fermato.
La Lombardia come la regione di Wuhan.
Nelle ultime ore, invece, forse avendo acquisito consapevolezza delle ripercussioni economiche e sociali di questa comunicazione, si è tentato di ridimensionare e perfino di minimizzare. Di contenere il panico generato e di presentare questo nuovo virus come un’influenza appena più fastidiosa, ma solo per chi ha già delle patologie.
Senza entrare nel merito scientifico e nelle zuffe tra esperti virologi e politici (entrambe non edificanti), è di fondamentale importanza mantenere una linea chiara e coerente in grado di fronteggiare questa emergenza. Nulla è più dannoso dell’incertezza. Sia nel campo della salute che in quello economico.
Le preoccupazioni e i timori, soprattutto delle persone più fragili sono alimentate proprio dalla schizofrenia di scelte diverse e indirizzi opposti. Magari nella stessa Regione o addirittura nella stessa Provincia. Mercati e scuole chiuse da una parte, tutto bene dall’altra. Con il rischio del caos.
Perché, se da un lato l’Italia ha uno dei sistemi sanitari (pubblici) migliori al mondo (e in questi giorni lo sta dimostrando l’estrema professionalità dei nostri operatori sanitari), la preoccupazione maggiore ha a che fare con la tenuta economica del nostro sistema, già in affanno.
Nel settore turistico, in particolare, che riguarda direttamente i nostri territori e che sta subendo un arresto pressoché totale in questi giorni di psicosi collettiva. Con a rischio la Pasqua e l’inizio della stagione estiva.
Qualcuno verrebbe in vacanza in un Paese in cui si svaligiano i supermercati?
Pensiamo che quelle foto da guerra civile non circolino anche all’estero?
E allora si trovino subito delle risposte.
Di livello europeo, se possibile. Su questo tema, il silenzio dell’Europa è imbarazzante. Non esiste un protocollo comune tra gli Stati membri ed è partita la caccia, inaccettabile, all’italiano.
Servono risposte immediate e unitarie.
Per il nostro Paese.
Simone de Rosas
PD Federazione Val di Cornia - Elba