Un tempo strano quello che stiamo vivendo. Un tempo nel quale si vedono e si vivono cose che non si immaginava che mai avremmo potuto vedere o vivere.
Ad esempio l’amico Walter Veltroni, nostro Ospite quattro anni orsono, che da Padre della Patria, scioccato dal momento e dalle parole suicide in termini europeristici della signora Lagarde, traccia una linea netta tra il prima a e il dopo di questa tremenda vicenda che ci sta annichilendo in pochi giorni.
Un tempo di eroici medici di reparto e di infermieri, loro infaticabili scudieri, che lottano e piangono di fatica e di dolore, stremati da una lotta quotidiana contro il male che ci affligge e di paludate professoresse teoriche del nagazionismo clinico che continuano sui canali televisivi, quando appena con immane fatica le Autorità ci hanno fatto capire di stare almeno in casa, a sostenere le loro teorie sul fatto che si tratti ‘poco più di un influenza’.
Un biglietto per sola andata nei nosocomi bergamaschi o bresciani non basterebbe come punizione, bensì una revisione profonda dei titoli accademici, se gli appelli dei medici in prima linea fossero veri solo a metà.
L’Elba intanto attende.
Attende come metà Italia che accada l’inevitabile, anche se difficile da prevedere nei tempi e nei modi. Attendiamo.
Attendiamo che le centinaia di ‘lumbard’ che hanno invaso lo Scoglio non siano in alcun modo veicolo del virus e che le pur rispettate norme che le Autorità locali hanno in pochi giorni approntato sia riguardo agli spostamenti sia riguardo alle attività aperte e chiuse ci proteggano da un’epidemia locale.
Attendiamo che Autorevoli, rappresentanti della categoria cui appartengo, ossia quella del commercio e del turismo, abbiano ragione nel miscelare i giusti tentativi di intravedere qualche barlume di speranza per le proprie e le altrui attività riguardo alla stagione entrante che si basano sull’equazione pochi casi nel centro Italia, nessun caso all’Elba uguale, magari da giugno col caldo, tutto passerà e ci rifaremo. Speranze legittime che non posso che condividere.
Attendiamo che lo Stato ci guardi e ci pensi quando uno ‘Tzunami’ senza precedenti si sta abbattendo sullo ‘stivale più bello del mondo’ che nello sguardo e nel tremito della voce degli infermieri e dei medici di cui sopra, può davvero ritenersi orgoglioso di sé per le competenze, le capacità organizzative in piena emergenza e lo spirito di abnegazione mostrati, malgrado gli indicibili salassi che per anni li hanno investiti.
Attendiamo che i meritevoli sforzi della Sanità locale ci permettano di salvarci in caso di bisogno, tramite voli di elicotteri che ci dovrebbero portare là dove altrettante encomiabili iniziative pare abbiano potenziato i posti letto delle terapie intensive, per evitare che a Pisa o a Livorno ci ripediscano indietro velivolo e malato. Vorremmo tutti che questo incubo passi in fretta: solo pochi giorni fa eravamo immersi in problemi che sembravano grandi e che ora sono drasticamente ridimensionati dalla realtà e vediamo incerto il nostro futuro non prossimo, ma imminente.
La nostra economia turistica elbana, in fondo, è un soffio nella Storia e se io ho potuto conoscere e vedere agire il mio nonno Luigi, quale inventore del turismo e del commercio all’Elba dal suo Cantinone alla Marina, potrei anche vedere il declino dello stesso.
Nessuno di noi crede che questo sia possibile perché siamo ottimisti come specie animale: tutti noi siamo certi nel profondo del nostro cuore che tutto si risolverà bene, che in fondo potremo metterci tutto alle spalle e magari con qualche piccolo sacrificio riuciremo a sfangarla questa ‘benedetta stagione’.
Non ho motivo di essere più pessimista o più catastrofista dei più e non fa parte della mia natura di combattente, tuttavia dobbiamo essere pronti ad agire e senza che ad oggi abbia contezza né dell’utilità nè della fattibilità tecnica dico: agiamo.
Se servirà uno spazio che sia pronto e pulito, nonché funzionale metteremo a disposizione delle Autorità sanitarie una delle nostre strutture alberghiere, come luogo di assistenza per persone obbligate alla terapia intensiva e si badi bene in questa intenzione non v’è alcuna vanità o protagonismo di sorta, ma solo il desiderio che quell’inevitabile che nessuno vuole, ma che tutti temono possa avere un limite e che il selvaggio e spesso urticante spirito dell’ospitalità dell’Elba mostri il suo lato più Umano.
Almeno in questa circostanza.
Jacopo Bononi