Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo del Corpo, contesta il progetto per la produzione industriale di mascherine protettive realizzato in partnership fra Commissario straordinario di governo per l’emergenza Covid-19 e Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
“E’ solamente una operazione di marketing a costo zero”, denuncia Donato Capece, segretario generale del SAPPE.
“I macchinari arriveranno a metà aprile, quando si spera che la pandemia avrà iniziato la fasce discendente. Oggi servono alla Polizia Penitenziaria mascherine, guanti, copriscarpe, camici, non a fine aprile. Veramente, se fossero stati raccolti i nostri gridi di allarme lanciati lo scorso gennaio, avremmo potuto fronteggiare l’emergenza con i quantitativi necessari di DPI. Anche alla luce dei tanti contagiati e di già due decessi nella Polizia Penitenziaria avvenuti, per preservare i ristrettì da eventuali contagi incontrollabili in carcere, torno a denunciare che non siamo dotati di un adeguato numero di idonee mascherine e guanti per fronteggiare l’epidemia in un contesto, come quello penitenziario, ad altissimo rischio. Al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede rinnovo l’invito a non ritardare ulteriormente un accertamento – quale è appunto quello del tampone ai Baschi Azzurri – che è fondamentale per la sicurezza sociale”.
Il SAPPE evidenzia ancora una volta che l’emergenza coronavirus e le proteste di inizio marzo hanno portato alla luce uno dei tanti settori colpiti dalle restrizioni per prevenire i contagi. Il DPCM dell’8 marzo ha previsto infatti norme apposite per gli istituti penitenziari: i casi sintomatici dei nuovi ingressi devono essere posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti; i colloqui visivi si devono svolgere in modalità telefonica o video; diventano limitati i permessi e la libertà vigilata.
Queste misure, volte a favorire un contenimento della diffusione del virus, si sono scontrate con una realtà non semplice.
Gli istituti penitenziari italiani soffrono di problemi cronici che periodicamente vengono affrontati ma non del tutto risolti.
Ad oggi, come riporta il sito del Ministero della Giustizia, rispetto all’effettiva capienza delle carceri italiane, in grado di ospitare intorno ai 51mila detenuti, i reclusi effettivi sono oltre 60mila, di cui circa un terzo stranieri.
“Non abbiamo strumenti e mezzi idonei a fronteggiare questa drammatica emergenza: e alle donne e agli uomini della Polizia Penitenziaria servono ora, non a fine aprile”, prosegue Capece. “Le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono essere sottoposti, tutti e con urgenza!, al tampone per l’accertamento dell’eventuale contagio al Coronavirus”, conclude.