Dopo tanti-fin troppi-impegni e ruoli, politici, istituzionali locali e nazionali, di cui ho parlato anche in una mia autobiografia di qualche anno fa, in cui fornii la documentazione di alcuni momenti e passaggi di un lungo percorso iniziato da giovanissimo e che si conclude oggi e mi accingo a ripartire, non più per conto di un partito o associazione ma solo per passione.
Si conclude cioè solo per quanto riguarda incarichi e responsabilità dirette, non però per quanto attiene alla mia partecipazione ai dibattiti in corso, soprattutto sui problemi istituzionali e ambientali, di cui sono stato a lungo protagonista.
Due aspetti peraltro tra di loro fortemente connessi e ugualmente importanti e rilevanti, per quella svolta indispensabile, se vogliamo uscire dalla crisi non solo del nostro paese. Ed entrambi, inoltre, da sempre o quasi, con delicati problemi al loro interno ed anche e non dimeno, tra di loro. Come si può vedere d'altronde chiaramente anche oggi.
Sono sul piede di guerra infatti stato e regioni sulle rispettive competenze, e tra queste, quelle sull’ambiente occupano un posto importante. Niente di nuovo quindi? No, di nuovo ci sono i danni –non pochi e gravi- prodotti negli anni da questa doppia incapacità. Quella di non essere riusciti a dotare il paese di un assetto istituzionale adeguato e costituzionalmente coerente. Che ha inciso negativamente -e non poco- anche sulle politiche ambientali, strapazzate dalle speculazioni più rovinose, che hanno vanificato –vedi i territori protetti anche con legge- di cui ci si è bellamente infischiati.
A questo passato abbiamo dedicato via via molte riflessioni critiche e anche una Collana editoriale che all’ambiente ed in particolare ai parchi e alle aree protette ha dedicato 40 volumi e ricerche di vari centri studio. Una attività che ci ha visti in alcune fasi promuovere iniziative che provocarono conflitti e rotture poi positivamente ricomposti.
Ma questo ha riguardato, purtroppo, solo l’associazionismo dei parchi. Per quanto riguarda infatti le istituzioni tornano in ballo vecchi problemi come il rapporto stato-regioni, con specifico riferimento a quelle speciali. Alle quali -come ho ricordato già in altre occasioni, la Commissione Bicamerale per le questioni regionali del Parlamento promosse una indagine, di cui fui designato relatore, con il compito di presentare di fronte a Camera e Senato un documento conclusivo. Per il poco che ho letto non mi pare ci sia granchè di nuovo.
In quanto all’ambiente come è noto il passato è stato anche peggiore, per la sua esposizione alle più vergognose incursioni in barba anche a leggi vigenti.
Ma qui non basta rivendicare il rispetto della leggi, che ovviamente dobbiamo continuare a fare.
Perché non basta? Perché la gestione dell’ambiente, a partire dai territori più pregiati, dove operano parchi e aree protette ai quali è affidato il compito della pianificazione, questa deve attenersi all’ambiente, considerato però di fatto un ‘settore’ circoscritto e oggetto subordinato alle politiche nazionali sulle quali non può e non deve mettere bocca. Perché sono altri che decidono sull’economia, lo sviluppo che come abbiamo visto hanno fatto all’ambiente danni gravissimi.
E siccome come è stato detto - Dio perdona ma l’ambiente no- perché si vendica, oggi siamo nelle peste.
E, non è male ricordare che la legge quadro del 91 sui parchi, aveva previsto di accompagnare al piano ambiente un piano economico, che però pochissimi parchi hanno fatto.
E la ragione è fin troppo chiara; l’ambiente affidato ai parchi non può e non deve ‘pretendere’ di decidere su interventi e politiche che oggi dipendono da altri e che se anche danneggiano vistosamente l’ambiente e il suo territorio, il parco di fatto è tagliato fuori.
Se quindi vogliamo uscire dai guai della crisi in corso, l’ambiente deve finalmente assumere un ruolo da protagonista effettivo -e non marginalizzato- delle politiche nazionali.
E’ questo un esempio che più e meglio di altri, dimostra e conferma che per uscire dalla crisi bisogna cambiare strada, il dopo non può essere come il prima, insomma la continuità delle politiche rovinose del passato.
E bisogna ripartire dal territorio, cioè dalle realtà concrete che richiedono e aspettano risposte altrettanto concrete. Gli esempi che si possono fare sono molti, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Chi in questi anni ha seguito le vicende dei parchi sa bene che le aree protette marine sono state a lungo dimenticate e spesso oggetto di interventi assurdi. E questo mentre la condizione del mare andava aggravandosi per il crescente inquinamento,i fenomeni di erosione della nostre coste e spiagge. E mentre l’Europa e in particolare alcuni paesi -Francia in testa- ci incalzavano soprattutto in Liguria, Toscana, il nostro ministero dell’ambiente pensava ad altro, non certo ad assicurare qualche finanziamento.
C’è voluto il nuovo ministro Costa per riattivare le spese d’intesa con Federparchi. Ora si deve decidere come impiegare quelle risorse per riuscire finalmente ad attivare una presenza e un ruolo delle aree protette marine.
Se passiamo dal mare alla montagna la musica non cambia molto, se non per il fatto che qui i parchi operano da molti più anni e non sono fantasmi come quelli marini.
Qui pesano l’abbandono, lo spopolamento di molti territori e la crisi del turismo che in troppi casi si cerca di fronteggiare con lo sci con modalità dannose per l’ambiente.
Un nuova politica per la montagna non può ripartire cosi, servono nuove idee e nuovi progetti.
Problemi che non riguardano ovviamente solo le aree alpine. Personalmente mi sono occupato a suo tempo del parco della Apuane, in collaborazione con Roberto Gambino, un caro amico ed esperto di grande prestigio e valore scomparso non poche anni fa, ricordo benissimo le difficoltà persino a partecipare a riunioni. Delle cave di marmo c’era ben poca voglia di discutere tanto più di metterle in un parco.
Di esempi potremmo farne molti altri, sui fiumi anch’essi in troppi casi spariti dalla scena.
Il sottosegretario di Stato del Ministero dell’ambiente Roberto Morassut ha parlato recentemente della legge sul consumo del territorio di cui si è tornati a discutere dopo le prime sortite poco felici. Un altro tema che scotta.
Mi fermo qui perché ce n’è abbastanza per ripartire seriamente, anche per me.
Renzo Moschini